Economia

Come cambia l’Italia, sempre più vecchi e poveri secondo il Censis

Un Paese sempre più vecchio e povero. È la fotografia impietosa scattata dalla 58esima del Rapporto del Censis che, come consueto, offre una panoramica dettagliata sui fenomeni che caratterizzano la società italiana.

Invecchiamento della popolazione

L’Italia è uno dei Paesi con la popolazione più anziana al mondo. Secondo il Censis, dal 2008 al 2023 abbiamo registrato circa 200.000 nascite annue in meno (-34,1% in quindici anni). Se si considera che nello stesso arco di tempo il numero delle donne in età feconda (statisticamente, per convenzione, la popolazione femminile di 15-49 anni di età è diminuito di 2,3 milioni (-16,6%), si comprende che ben due terzi (circa il 63%) del minore numero di nascite è da attribuire alla forte riduzione delle potenziali madri.
“Ciò significa – scrive il Censis – che il processo di denatalità è destinato inesorabilmente a perpetuarsi anche qualora si riuscisse miracolosamente a invertire la traiettoria declinante del tasso di fecondità”.

Concentrazione della ricchezza

Uno degli effetti nascosti della denatalità che da molti anni preoccupa il Paese è che, a causa della prolungata flessione delle nascite, il numero degli eredi si riduce, quindi in prospettiva le eredità si concentrano.
Oggi – spiega il rapporto – le famiglie della “generazione silenziosa” (i nati prima della Seconda guerra mondiale) e del baby boom (i nati tra il dopoguerra e i primi anni ’60) detengono insieme il 58,3% della ricchezza netta delle famiglie. In attesa ci sono parte della “generazione X” (i nati tra il 1965 e il 1980), i Millennial e la Generazione Z (i nati negli ultimi decenni dello scorso secolo e nei primi anni del nuovo millennio).
Quale sarà l’effetto psicologico su coloro che sanno di essere destinatari di un atto di successione? “Forse una ridotta propensione al rischio imprenditoriale, compressa dalle aspettative dei potenziali rentier.”si legge nel rapporto.

Reddito in calo

Il 58esimo Rapporto del Censis mette in evidenza che la povertà in Italia è in aumento. Negli ultimi vent’anni (2003-2023) – si legge –  il reddito disponibile lordo pro-capite si è ridotto in termini reali del 7,0%. E nell’ultimo decennio (tra il secondo trimestre del 2014 e il secondo trimestre del 2024) anche la ricchezza netta pro-capite è diminuita del 5,5%. L’85,5% degli italiani ormai è convinto che sia molto difficile salire nella scala sociale.

Paura pensione

Secondo quanto si legge nel report, la configurazione del comparto previdenziale pone una seria ipoteca sul futuro degli italiani: non a caso, il 75,7% pensa che non avrà una pensione adeguata quando lascerà il lavoro per raggiunti limiti di età (in particolare, è l’89,8% dei giovani ad avere questa certezza). E la non autosufficienza, che attualmente coinvolge circa 3 milioni di persone, destinate ad aumentare in modo consistente nel futuro, vista la relazione diretta con l’invecchiamento demografico, è percepita già oggi come una condizione che grava del tutto sulle proprie spalle. Non sorprende pertanto che il 75,0% degli italiani teme che i propri risparmi non basteranno in caso di non autosufficienza.
Queste paure si concretizzano quando si parla di sanità. Negli ultimi dieci anni, tra il 2013 e il 2023, si è registrato un balzo del 23,0% in termini reali della spesa sanitaria privata pro-capite, che nell’ultimo anno ha superato complessivamente i 44 miliardi di euro. Inoltre, al 62,1% degli italiani è capitato almeno una volta di dover rinviare un check up medico, accertamenti diagnostici o visite specialistiche perché la lista di attesa negli ambulatori del Servizio sanitario nazionale era troppo lunga e il costo da sostenere nelle strutture private era considerato troppo alto. Al 53,8% è capitato, in presenza di problemi di salute, di dover fare ricorso ai propri risparmi per pagare le prestazioni sanitarie necessarie. E il 78,5% dichiara che, in caso di problemi di salute, teme di non poter contare sulla sanità pubblica.

Fuga dei talenti

L’emigrazione giovanile contribuisce al calo demografico e all’invecchiamento della popolazione rimasta in Italia. Secondo il Censis, dal 2013 al 2022 sono espatriati dall’Italia circa 352.000 giovani tra i 25 e i 34 anni (oltre un terzo del totale degli espatri). Di questi, più di 132.000 (il 37,7%) erano in possesso della laurea. Negli anni i laureati sono aumentati: nel 2013 erano il 30,5% degli emigrati dall’Italia e nel 2022 sono diventati il 50,6% del totale.