Mercati

Come investono gli italiani, più azioni e meno obbligazioni in portafoglio

Questa notizia è stata scritta più di un anno fa old news

Per capire come investono i propri risparmi gli italiani nel post pandemia ci aiutano gli ultimi dati diffusi dall’Abi nel suo ultimo bollettino mensile.

Come prima cosa emergenze che, nonostante l’emergenza Covid, le attività finanziarie delle famiglie sono cresciute negli ultimi 12 mesi dell’11,4% e hanno raggiunto i 4.879 miliardi di euro.

In relazione ai dati aggregati più recenti emerge che la preferenza degli italiani rimane focalizzata sui depositi e conti correnti bancari che crescono del 6,2% a 1.584 rispetti all’anno precedente. Una scelta dettata soprattutto dalla mancanza di rendimenti senza rischio che fino a qualche anno fa venivano offerti dai titoli di Stato.

Un terzo della ricchezza (32,5%) degli italiani rimane quindi parcheggiata sui conti correnti senza alcun rendimento in grado di remunerali e proteggerli dall’inflazione. Rispetto all’anno precedente (quando la liquidità era al 34,1%) si nota però la ricerca di forme più remunerative dei propri risparmi.

Come investono gli italiani, cresce il peso delle azioni

Ma la grande novità rispetto allo scorso anno è rappresentata dal balzo registrato nei portafogli delle famiglie dalle azioni in grado, almeno sulla carta, di offrire rendimenti superiori. La quota detenuta in azioni cresce nell’ultimo anno del 23,4 % e si attesta a 1.011 miliardi di euro. Un risultato dovuto anche alla forte corsa registrata dai listini negli ultimi 12 mesi.

La ricerca di rendimenti ha spinto gli italiani a puntare in misura maggiore sui fondi comuni che sono cresciuti del 20% nel portafoglio degli italiani a 711 miliardi di euro. Anche in questo pesa la rivalutazione ottenuta grazie al rialzo dei principali listini.

Un certo successo lo riscuotono anche le assicurazioni ramo vita e fondi pensione che negli ultimi dodici mesi superano i 1.150 miliardi (+9%).

In flessione invece la quota detenuta in obbligazioni (-2,4%) a 239 miliardi di euro, penalizzati dai rendimenti sempre più risicati.