Economia

Commercio al dettaglio, è crisi nell’abbigliamento italiano

Negli ultimi cinque anni, il numero di esercizi commerciali in Italia è diminuito di oltre 9.000 unità, stabilendosi leggermente al di sopra dei 78.000 al 30 settembre scorso. Secondo l’analisi di Unioncamere e InfoCamere, la pandemia, le mutazioni nelle modalità di consumo e l’impennata dei costi stanno mettendo a dura prova soprattutto i negozi di abbigliamento lungo tutto lo Stivale tanto che, tra il 2019 e il 2023, il saldo tra l’apertura e la chiusura di attività nel settore del commercio di abbigliamento specializzato ha registrato una contrazione di quasi l’11% dei negozi.

Questa flessione ha colpito in modo significativo le imprese individuali, che rappresentano il 53% del totale del settore e che, nel periodo considerato, hanno subito una diminuzione superiore al 12% (-5.891 unità in termini assoluti). Fatta eccezione per Valle d’Aosta e Trentino-Alto Adige, dove si conta una variazione negativa in termini percentuali più contenuta, in tutte le altre Regioni del Centro-Nord, a partire da Lazio, Marche, Toscana e Friuli-Venezia Giulia, si registrano perdite superiori al 10%. La perdita di esercizi in termini assoluti è più forte in Lazio, Lombardia e Toscana. Questi tre territori insieme segnano quasi la metà della variazione negativa registrata a livello nazionale (-4.272 attività nel periodo in esame, pari al 46% del totale). Anche a livello provinciale, le variazioni percentuali più importanti si registrano al Centro-Nord: a Roma, Ancona, Ferrara e Rieti per il commercio al dettaglio di articoli di abbigliamento si contano diminuzioni superiori al 20% nell’arco dell’intero periodo considerato. Un po’ meglio il Sud Italia. Crotone, Ragusa e Siracusa sono le uniche province in cui la variazione di attività dell’abbigliamento nel quinquennio è positiva, rispettivamente con +1,6% e +0,5% per le due città siciliane.

Tale tendenza riflette gli ultimi dati Istat, secondo cui, su base tendenziale (quindi rispetto a ottobre 2022), a ottobre 2023 le vendite al dettaglio hanno registrato un calo in volume del 4%, con abbigliamento e pellicceria a guidare i gruppi di prodotti con segno negativo davanti (-5%) e le vendite delle imprese operanti su piccole superfici (-1,8%) a guidare le forme distributive (per il quarto mese consecutivo).

Secondo l’associazione delle Camere di commercio presieduta da Andrea Prete, riflette anche la marcata crescita del commercio online, con sempre più italiani che effettuano i propri acquisti su piattaforme dedicate. Basta pensare al recente BlackFriday: oltre due miliardi spesi online dagli italiani.
Ed è sufficiente guardare i dati della 23esima edizione dell’Osservatorio eCommerce B2c del Politecnico di Milano che ha calcolato che, nel 2023, gli acquisti eCommerce B2c degli italiani valgono 54,2 miliardi di euro, in crescita del +13% rispetto al 2022. Quasi due terzi di questa crescita è spiegata dall’incremento degli acquisti online di servizi, in primis grazie al percorso di ripresa del Turismo e Trasporti (+30%) e dei comparti merceologici aggregati nell’Altro servizi (+8%), come ad esempio il Ticketing per eventi. Ma se i comparti di prodotto più dinamici, con tassi di crescita in linea o superiori alla media (+8%), rimangono il Beauty (+11%), l’Informatica ed elettronica di consumo (+8%) e l’Editoria (+8%), crescono a ritmi positivi anche l’Abbigliamento (+7%) e l’Arredamento e home living (+7%), mentre fatica il Food&Grocery (-0,5%).
Infine, dopo una decisa accelerazione nell’ultimo triennio, il numero di consumatori digitali italiani si è stabilizzato a 33 milioni.

Delle difficoltà incontrate dai piccoli negozi al dettaglio di abbigliamento che stanno chiudendo i battenti è consapevole la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che negli scorsi giorni ha assicurato a Confesercenti che “nessun colosso del web potrà mai sostituire la funzione culturale e sociale che ricoprono commercianti e artigiani“.