ROMA (WSI) – «Il problema dell’evasione fiscale in Italia è significativo: l’Iva gap è al primo posto in Europa». Il concordato con la Svizzera? «Ciascun paese può fare quello che ritiene, ma tenga conto che la Commissione ha già avuto un mandato dagli Stati membri per trattare con Berna». L’Imu? «Meglio abbassare le tasse su lavoro e società».
Algirdas Semeta, commissario europeo alla fiscalità, a Roma per incontrare il ministro dell’Economia Saccomanni, esprime cautela, in attesa di conoscere maggiori dettagli, sull’ipotesi di accordo con la Svizzera per il rimpatrio dei capitali in Italia, e relativa sanatoria, cui sta lavorando il governo nell’ambito della legge di Stabilità.
Commissario Semeta, il premier Letta e il ministro dell’Economia Saccomanni hanno annunciato una misura volta al rientro dei capitali. Qual è l’opinione della Commissione sulla trattativa tra Italia e Svizzera?
«La lotta alla frode a all’evasione è molto importante per la Commissione europea tant’è che è stato varato un Piano d’azione anti-evasione da parte di capi di Stato e di governo. Ciò non significa che gli stati membri non possano prendere le iniziative che ritengono più appropriate. Non conosciamo i dettagli dell’operazione e non possiamo dare un giudizio.
In generale tuttavia posso enunciare le regole che valgono in questo campo: il rispetto del principio di non discriminazione e il rispetto della destinazione della parte relativa all’Iva contenuta nei capitali in rientro e destinata all’Unione europea. Aggiungo che personalmente non sono a favore dei condoni fiscali perché ritengo che possano generare un azzardo morale, ovvero aumentare la tentazione di evadere».
Ma le trattative con la Svizzera per il rientro dei capitali hanno il via libera di Bruxelles?
«Non esiste un divieto di trattativa per gli Stati interessati, che devono tuttavia tenere conto che esiste un negoziato a livello europeo e i limiti di cui dicevo. Gli Stati hanno dato alla Commissione un mandato per trattare con la Svizzera: nel momento fosse raggiunto un accordo, ne beneficerebbe anche l’Italia».
Si discute in Italia sulla cancellazione della seconda rata dell’Imu. Lei che ne pensa?
«Le tasse sulla proprietà non sono strutturate a livello europeo, ogni stato membro può decidere liberamente. Tuttavia tenendo presente la situazione dell’Italia, ogni misura che adotta in campo fiscale deve essere presa ed analizzata nell’ambito della strategia di raggiungimento dell’obiettivo di bilancio. Dal punto di vista della Commissione, ma anche per il mondo degli economisti e degli studiosi, le tasse sulla proprietà non sono un danno per la crescita, mentre lo sono quelle sul lavoro e sulle società».
A che punto è la lotta all’evasione fiscale in Europa?
«Bisogna ricordare che in maggio i capi di Stato hanno chiesto espressamente ai ministri delle Finanze di raggiungere un accordo sulla direttiva sulla tassazione dei risparmi entro l’anno e la Commissione sta spingendo. Nel 2013 abbiamo raggiunto obiettivi che non si raggiungevano da dieci anni».
C’è sempre l’ostacolo del segreto bancario: come procede il negoziato per lo scambio automatico di informazioni tra paesi?
«Lo scambio automatico di informazioni in Europa c’è dal 2005, l’Unione europea è stato il primo blocco di paesi a metterlo in pratica. Ora ci si propone di estenderlo ad altri tipi di reddito. Questo farebbe ancora una volta dell’Europa l’area che applica il maggior scambio automatico di informazioni.
Parallelamente c’è un lavoro nell’ambito Ocse che si propone di incorporare positivamente le esperienze ottenute con il sistema americano Fatca (il Foreign account tax compliance act) e il sistema europeo per avere uno standard unico di scambio di informazioni applicabile a livello globale. Un lavoro che va avanti molto velocemente: dal 2014 l’Ocse pubblicherà i dettagli concreti dello standard e i paesi del G20 si sono già impegnati ad applicarlo dal 1° gennaio del 2016».
E l’evasione fiscale in Italia?
«Nelle nostre raccomandazioni specifiche sull’Italia di giugno abbiamo chiesto al paese di fare di più. Devo dire che l’Italia ha già cominciato a lavorare. Ma la questione resta significativa: ad esempio, il tax gap sull’Iva è di 36 miliardi di euro, secondo una nostra recente ricerca è il più alto in termini assoluti anche se in termini percentuali del Pil il dato è più contenuto».
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