Non ha convinto la gran parte dei principali gruppi politici l’audizione del direttore generale del Tesoro, Vincenzo La Via, sentito venerdì dalla Commissione parlamentare banche sul caso Mps. Risposte reticenti, evasive avrebbero caratterizzato innanzitutto le perdite dello stato, impegnato nel salvataggio dell’istituto senese.
“Alla mia domanda su quanto lo Stato ha perso nella vicenda Mps, la risposta è stata che devono capire in prospettiva e alla fine ci hanno detto che ci faranno sapere perché devono fare un calcolo aritmetico”, ha detto all’HuffPost, Carlo Sibilia (M5s), che lamenta anche la mancata azione di responsabilità contro gli ex vertici di Mps. “Ci hanno detto che non hanno esercito l’azione di responsabilità all’assemblea perché non era un punto all’ordine del giorno e quindi il rappresentante del Mef non aveva la delega quando loro sapevano benissimo”, ha precisato Sibilia affermando che “il giorno prima gli era arrivato un documento di 900 pagine molto dettagliato”, sulle responsabilità dell’ex amministrazione.
Pier Ferdinando Casini, presidente della Commissione ha sottolineato a La Via che “una parte dei colleghi della Commissione non è affatto rimasta convinta delle sue risposte, non nel merito ma nella reticenza”; il vice presidente Renato Brunetta (Fi), parlato invece di “una totale inadeguatezza dei civil servant rispetto ai fatti per cui sono stati chiamati a rispondere”. Anche dalle parti del Pd, non viene nascosta l’insoddisfazione in merito all’audizione del direttore generale del Tesoro: “non è stata un’audizione brillante”, ha dichiarato il vicepresidente della Commissione Mauro Maria Marino.
“Il regime di bail-in in Italia non è mai stato utilizzato, siamo riusciti a evitarlo con una serie di interventi”, ha rivendicato nell’audizione La Via. Il Tesoro ha attualmente una quota in Mps del 68% che verrà dismessa nel 2021.