Uno dei motivi per cui il Cav. è così fuori di testa, cioè così in sintonia con le pulsioni profonde del popolo, così politicamente corretto nello spacciare robina propagandistica degna della cultura dei girotondi, è l’incredibile opposizione che da due anni si è ritrovato.
Glielo dicemmo negli ultimi giorni della campagna elettorale del 2001, in televisione, faccia a faccia: non le conviene, gentile dottore, affacciarsi su un’Italia politicamente deserta, senza contrappesi, senza vera competizione, non le conviene per ragioni politiche. Avevamo dimenticato le ragioni personali, il fattore carattere.
Se Berlusconi straparla stucchevolmente e non fa quel che deve fare nel governo del paese, è anche perché la provocazione contro di lui ha totalmente sostituito la competizione democratica, le istituzioni sono paralizzate da una grottesca e maniacale personalizzazione della politica, e un centrosinistra che gioca da due anni alla battaglia dei capi si fa la concorrenza interna a chi la spara più grossa e a chi dà più margini all’evidente megalomania del Cav., la cui unica attenuante storica ci pregiamo di fargli conoscere prima della prossima intervista.
Diceva Winston Churchill che “la megalomania è la sola forma di salute”, e se ne intendeva. E aggiungeva un motto che da sempre facciamo nostro: “I would rather be right than consistent”, preferisco essere nel giusto che coerente. Qualche fragile indicatore che questa situazione possa finire c’è.
Sembrerebbe che i due boss ulivisti in grado di mobilitare risorse e apparati, Romano Prodi e Massimo D’Alema, si siano accomodati a una tregua con l’obiettivo politico di lanciare un’alternativa riformista, la sua lista unitaria e addirittura il suo partito. Sembrerebbe che le resistenze partigiane e di corrente, dalla Dc ai comunisti ai correntoni ai movimenti mozzorecchi, siano tutto sommato marginali.
Non si vede l’ombra di un programma, e salvare l’Italia da Berlusconi non è un programma allettante per nessuno, figuriamoci per noi che nonostante i suoi ormai quotidiani tradimenti della decenza continuiamo a volergli un po’ di bene.
Non si vede un mutamento di tono, specie nella gestione malsana del malsano dossier autodifensivo di Telekom Serbia, di cui parlavamo giusto ieri. Ma rinasce in qualche modo la ragionevole aspettativa, e lo diciamo come piace al nostro boss, “sul filo del paradosso”, che la rinascita di un’opposizione che fa il suo mestiere obblighi il governo del Grand Gaffeur a fare il suo.
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