Società

Comprare sui massimi, c’è il rischio di scottarsi

Questa notizia è stata scritta più di un anno fa old news

MILANO (WSI) – Chi erano le Sirene? Come in tutte le cose della grecità, di loro si può dare una versione apollinea, solare e splendente, e una dionisiaca, torbida e ambigua. Nella prima il loro canto era così sublime che i marinai, distratti dalla bellezza e dalla purezza delle voci, andavano a cozzare contro gli scogli. Nella seconda il loro canto era triste, sensuale e straniante e induceva uno stato letargico, una sorta di marcescenza e corruzione dello spirito, con esito ovviamente infausto. Qualcosa di simile, insomma, a quelle bonacce malate del mare, del fiume e dell’anima in cui Conrad amava collocare, in atmosfere estenuate, i suoi personaggi disfatti.

Quando il mercato è sui massimi il canto sirenico diventa, per chi investe, quasi irresistibile. Compra, compra! Lo stanno facendo tutti e tutti ci stanno guadagnando. Vinci la paura, gettati alle spalle le idee vecchie, pensa in positivo, non stare a penare per un anno dietro a una triste obbligazione quando dall’azionario puoi avere in un giorno lo stesso rendimento.

Il canto era apollineo, squillante e trionfale nella primavera del 2000 e per buona parte del 2007. Declamava le magnifiche sorti e progressive di un nuovo mondo. Internet rendeva obsolete non solo le industrie tradizionali ma anche le metriche con cui si era soliti misurare la convenienza di un acquisto in borsa. Nel 2007 il nuovo mondo era la Cina con la sua crescita infinita ed erano anche le case in America, sempre più care. Case più care volevano dire sensazione di ricchezza, voglia di spendere, crescita, borsa forte, più soldi per comprare altre case, che in questo modo diventavano ancora più care.

Oggi, con molte borse sui massimi di tutti i tempi, il canto è invece lento e a tratti perfino triste. Niente acuti, ma toni pensosi e raccolti. Un Lied espressionista per voce recitante. Debole è la crescita in America e debole resterà per tutto quest’anno. Deludente è la Cina, che cresce ma è l’ombra di quello che era un tempo. Deludenti i Bric, che hanno perso il magnifico slancio del decennio scorso. Triste la sorte dell’Europa, dove l’austerità abbandonata (senza nemmeno un dibattito, una dichiarazione, un commiato) garantirà al massimo un’alba livida dopo la lunga notte della recessione.

Le notizie mediocri, continua il recitativo, sono però buone notizie per te, mondo malaticcio e pallido che puoi regredire e tornare bambino tra le braccia accoglienti delle banche centrali, balie amorevoli pronte ormai a ogni sacrificio per non privarti del latte e del miele della liquidità abbondante e a tasso zero. Riposa i tuoi polmoni malati come faceva Proust nella stanza rivestita di sughero del boulevard Haussmann. Fuma l’oppio buono del Qe giapponese, che a differenza di quello americano travaserà fin da subito i nuovi yen direttamente sui nostri mercati. Abbandonati ai sogni delle borse, vola verso cieli lontani dalla miseria degli altri investimenti e dalle durezze della vita là fuori.

Proust ascoltava molto queste sirene. Erede di una bella fortuna da parte di madre, ne perse una parte importante comprando in borsa quando questa era vicina ai massimi e vendendo molto male nel 1914, allo scoppiare della guerra. Gli piacevano in particolare i titoli esotici, molto di moda prima del crollo.

Perdere soldi dopo avere comprato sui massimi è diverso dal perderli in qualsiasi altra circostanza di borsa. È molto peggio, ovviamente. Provoca perdita di autostima e, per dirla tutta, una sensazione di vergogna. È come essere l’ultimo a cui hanno rifilato il cerino acceso, l’ultimo che si è lasciato incantare dalle sirene. È una situazione che può indurre a negare la realtà, ad accanirsi nel rifiutare il ribasso e a capitolare troppo tardi, vendendo vicino ai minimi.

Nell’arco di una vita di investimenti, evitare errori in quei tre-quattro momenti di massimi e minimi di ciclo è molto più importante che fare scelte accorte nelle decine di anni di normalità. Non è facile, perché quando tutto sembra andare per il meglio le sirene cantano fortissimo che dobbiamo comprare, mentre quando tutto va male ci gridano di preservare il capitale, o quello che ne resta, e di liquidare.

Bisogna quindi, in quei momenti fatali, farsi legare all’albero maestro come Ulisse oppure scollegarsi da Internet e media di ogni genere. Cosa impossibile, naturalmente. Più morbido e realistico quello che ha fatto Buffett in tutta la sua carriera e, in particolare, negli ultimi anni. Senza mai alterare troppo il profilo del suo portafoglio, composto in buona parte da partecipazioni strategiche, Buffett ha smesso di fare acquisizioni negli ultimi anni del boom di borsa del decennio scorso e ha accumulato liquidità con il cash flow abbondante delle sue società. Nel farlo ha accettato di subire molte critiche. Ha perso smalto, hanno detto in molti in quel periodo. A cavallo del crash ha comprato. Lo ha fatto con prudenza, usando molto le convertibili, e in qualche caso non ha colto perfettamente i minimi. Ha però comprato e questo è quello che conta.

Il discorso che abbiamo fatto fin qui non è un invito a vendere. È semplicemente un richiamo al fatto che un nuovo massimo storico che segue dieci mesi di rialzo (e quattro anni di bull market) richiede, visto il rallentamento della crescita degli utili e quello ancora più marcato dei ricavi, verifiche rigorose sullo stato di rischio dei portafogli e sulle eventuali potenzialità per ulteriori rialzi. Anche perchè siamo in maggio, il mese che tradizionalmente precede la correzione estiva e in cui, non a caso, le sirene incantatrici cantano ancora più forte.

La verifica, al momento, dà risultati incoraggianti. Rispetto a un paio di mesi fa, quando solo la Fed era iperaggressiva, registriamo la svolta giapponese e l’abbandono dell’austerità in Europa. Tutto era già nell’aria fin dall’inizio di quest’anno, ma le dimensioni di queste novità sono spettacolari.
Ci troviamo così in una fase in cui tutti i semafori sono verdi e in cui le banche centrali incoraggiano il rialzo delle borse e la compressione ulteriore degli spread sulle obbligazioni corporate e sui debitori sovrani deboli. Solo dalla Bundesbank, finora, si è levato qualche mugugno sul rialzo azionario ma è difficile pensare che il governo di Berlino, alla viglia di un appuntamento elettorale delicato (il partito anti-euro sta rubando voti ai liberali e rende più probabile una Grosse Koalition a settembre), condivida queste preoccupazioni.

Avremo tutto il tempo, più avanti, per chiederci se quella in corso da parte dei policy maker sia una manovra avventata o disperata. Se avrà successo avremo anche, a un certo punto, da preoccuparci per la probabile riduzione del Quantitative easing americano (ma solo a partire dal 2014) e per qualche possibile cedimento sulla parte lunga della curva dei Treasuries. Prima che abbia successo dovrà però passare comunque qualche mese, un intervallo di tempo che potrà essere molto propizio per le borse.

Secondo Goldman Sachs la Fed non toccherà i tassi nel 2013, nel 2014 e nel 2015. Secondo Buffett le azioni non sono più a buon mercato ma non sono nemmeno particolarmente care. I bond, per contro, non sono in pericolo immediato ma sono, potenzialmente, molto a rischio.

Nel decennio scorso, come ci ricorda Louis Gave, si sono fatti i soldi comprando quello che compravano i cinesi (materie prime, case a Vancouver e Hong Kong, arte contemporanea cinese). Dopo la crisi Bill Gross ha sempre raccomandato di comprare quello che le banche centrali stavano acquistando, ovvero i titoli di stato lunghi. Oggi è il tempo di comprare quello che compreranno i giapponesi, ovvero i titoli di stato mediterranei lunghi e i titoli azionari che offrono alti dividendi. Sono acquisti da fare solo tatticamente, a nostro avviso. A un certo punto, infatti, il rialzo azionario, se vorrà continuare, dovrà ruotare verso i titoli ciclici, oggi compressi.

Sta iniziando una bolla? È probabile. Le banche centrali perderanno il controllo della situazione quando dovranno alzare i tassi? È possibile e, del resto, è già successo. C’è però un tempo per tutte le cose e questo è il tempo della bolla in formazione. Meglio starci dentro, tutto sommato.