LONDRA (WSI) – Nel 2019, fra un anno circa, in Unione europea dovrà realizzarsi la Cmu, acronimo di Unione dei mercati dei capitali, un processo che oggi è stato accelerato dopo la Brexit.
Il Regno Unito che oggi apporta il 46 per cento delle risorse dell’Ue, come scrive Simon Lewis direttore generale dell’Association of Financial Markets odf Europe-Afme su MilanoFinanza, anzichè compromettere i traguardi sinora raggiunti dalla Cmu potrebbe favorire un’ulteriore accelerazione di questo processo. Ma quali sono i provvedimenti concreti che rientrano nella Cu?
Quelli già realizzati vanno dall’introduzione di un ampio pacchetto sulle cartolarizzazioni, per liberare risorse dalle banche da destinare a finanziare l’economia reale, ad un nuova normativa sui prospetti per agevolare l’accesso ai mercati pubblici in particolar modo per le Pmi.
“Indipendentemente da come andrà la Brexit, per il successo della Cmu sarà importante preservare lo strumento delle cooperazione con i paesi terzi e nella prossima fase del progetto, l’azione legislativa dovrà concentrarsi su un’apertura globale degli afflussi di investimenti e scambi transfrontalieri mediante banche, assicurazioni e fondi di investimento o pensione”.
Tuttavia proprio la Brexit ha subito recentemente una battuta d’arresto. L’unico modello per le relazioni future fra Regno Unito e Unione europea dopo Brexit è un accordo di libero scambio, dice il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, presentando le linee guida negoziali sulle relazioni successive all’uscita britannica dall’Ue. Tusk ha respinto così la visione della premier Theresa May sul commercio e avvertito il Regno Unito che deve abbassare le sue aspettative per un futuro accordo commerciale con l’Europa.
Da qui l’avvertimento che lancia Simon Lewis:
“Sarebbe drammatico se le turbolenze legate alla Brexit impedissero di portare a compimento l’Unione dei mercati. Nei prossimi anni l’impegno nel realizzarla dovrà focalizzarsi specificatamente su iniziative di forte impatto”.