Il M5S potrebbe presto governare l’Italia. È lecito domandarsi a cosa va incontro in quel caso la terza potenza economica dell’area euro, da anni in declino. Il punto cruciale e più discusso del programma economico del MoVimento 5 Stelle è quello relativo all’uscita dall’euro. Il deputato pentastellato Alessandro Di Battista dice che più che preoccuparsi per le conseguenze dell’addio alla moneta unica, bisognerebbe soffermarsi sulle conseguenze nefaste della sua introduzione in Italia e sugli altri punti del programma del suo gruppo, volto a ravvivare l’economia e ricucire il tessuto sociale.
Il movimento vuole che sia il popolo a decidere se restare nell’Eurozona o meno, e ricorda che l’euro non è da confondere con l’appartenenza all’Europa unita, un progetto nel quale il movimento partito dal basso confondato da Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio ha sempre creduto, anche se vorrebbe vedere rivisti diversi aspetti. Purtroppo per il M5S allo stato attuale delle cose le autorità europee non consentono di uscire dall’area euro senza uscire anche dall’Ue. Si dovrebbe per esempio uscire per poi rinegoziare con l’Ue un nuovo ingresso, un po’ come sta facendo il Regno Unito dopo la Brexit.
Per poter indire un referendum sull’euro in Italia, il processo è lungo e tortuoso: bisogna prima cambiare la legge costituzionale, che vieta al momento di chiedere al popolo di votare sulla modifica dei trattati. A quel punto andrebbe presentato un disegno di legge costituzionale, farlo approvare in Parlamento e poi se non si ottengono i due terzi ricorrere a un referendum costituzionale confermativo. A quel punto vincere quel voto e quello successivo sull’euro sarebbe la parte più facile.
“Vogliamo salvare l’Europa dei popoli”
L’intenzione di fondo del M5S, espressa da Di Battista nella sua ultima intervista, non è quella di combattere la politica, bensì di fare politica. A maggior ragione va valutato il programma più che le sparate del suo fondatore o del suo portavoce. Liberare i popoli europei dagli eurocrati riconsegnando loro la sovranità perduta è uno dei punti cardinali su cui si batte il M5S.
“Non siamo un movimento antipolitico, né un partito di protesta”, ha spiegato Di Battista in un’intervista al Die Welt pubblicata di recente. Il sostegno “alle piccole e medie imprese” anzi è, per l’esponente politico di spicco del secondo partito d’Italia, la ricetta con cui ritrovare la crescita economica e, in concreto, Di Battista propone una “diminuzione delle tasse”, “banche pubbliche che permettano investimenti per queste imprese e il reddito di cittadinanza”.
Per finanziare tutte queste misure il deputato del M5S propone “una seria lotta alla corruzione“. Nel programma economico del partito è presente una spiegazione su come verranno trovate le risorse e a quanto si può puntare a recuperare, ma è abbastanza vaga. In questo il M5S non è certo il solo: i programmi politici sono sempre pieni di promesse, mentre tendono a soprassedere su calcoli noiosi ed eventuali misure impopolari, necessarie però per bilanciare gli equilibri finanziari.
Il problema di un governo M5S non è tanto legato alla reazione dei mercati a un’eventuale loro elezione, che sarebbe una variazione di prezzo temporanea, quanto agli annunci che faranno. Appena il M5S presenterà il disegno di legge per cambiare la costituzione e chiedere al popolo di esprimersi sull’euro, i capitali italiani ed esteri inizierebbero con ogni probabilità a prendere la via d’uscita. È l’effetto distorto del sistema in cui viviamo. Basti pensare che in 14 degli ultimi 23 mesi i capitali sono fuoriusciti dalla Francia, dove non è da escludere una vittoria della candidata euroscettica e protezionista Marine Le Pen alle elezioni presidenziali di aprile, mentre la Germania in confronto ha registrato solo due mesi di deflussi di denaro negli ultimi due anni. Bisognerà quindi che il M5S trovi prima una soluzione.
Programma economico: taglio a tasse e spesa pubblica
Sul piano puramente economico, l’uscita dall’area euro permetterebbe una boccata d’ossigeno nella forma di una svalutazione della moneta, ma rischia anche di provocare un’iperinflazione. Sui mercati del credito i tassi di interesse dei titoli del debito balzerebbero e gli Spread si amplierebbero. Questo perché i grandi player e mani forti dei mercati finanziari sanno che gli italiani voterebbero quasi sicuramente contro l’euro. Il popolo viene da una ventina d’anni di crollo della competitività industriale, di caduta del potere d’acquisto, di salari congelati, di “disfacimento sociale” e di “disoccupazione” elevata. Tutti fattori economici citati dallo stesso Di Battista e che sono stati aggravati da un contesto esterno sfavorevole.
Un rialzo dei tassi farebbe salire le commissioni e i redditi delle banche, ma un balzo troppo eccessivo del costo del denaro provocherebbe una stretta monetaria. Le banche, che già non attraversano un periodo d’oro per usare un eufemismo, riscontrebbero le maggiori difficoltà nell’universo del settore privato. Dev’essere anche per questo che Di Battista parla, oltre a una sforbiciata delle tasse per favore le piccole e medie imprese, di “banche pubbliche che permettano investimenti per queste imprese” e di reddito di cittadinanza a sostegno della popolazione più povera. Di Battista cita gli ultimi studi sulle condizioni economiche degli italiani, ricordando che “il 28,7% degli italiani è a rischio povertà” e che “al sud si arriva al 46,4%”.
“Torneremo in piazza per promuovere reddito per tutti”
Quanto al reddito di cittadinanza – per promuoverlo Di Battista dice di voler tornare nelle piazze – l’unico problema è che è molto costoso per le casse di uno stato già fortemente indebitato. Per reperire i finanziamenti necessari, il M5S cita 5 miliardi di euro di taglio della spesa pubblica, più 2,5 miliardi di euro provenienti alla cancellazione degli F35 e l’aumento di canoni su alcuni rami d’industria.
I tagli alla spesa pubblica sarebbero difesi da molti economisti ma sono sempre difficili da imporre. Le altre sono misure una tantum (come una patrimoniale) e molto dipenderebbe da quale sarà effettivamente la platea dei beneficiari del reddito di cittadinanza. In realtà la misura andrebbe definita come “reddito minimo” per chi non ha un lavoro e chi è sotto la soglia di povertà, non un reddito di cittadinanza (che sarebbe da intendere per tutti i cittadini). Le risorse che il M5S spera di recuperare sono pari a 16 miliardi di euro, che sarebbero insufficienti per un reddito di cittadinanza universale.
Il M5S vuole inoltre rilanciare l’occupazione ripartendo dalla cancellazione del Jobs Act e delle tutele crescenti. Un’altra proposta inserita nel programma, una delle più interessanti, riguarda il debito pubblico. L’idea è quello di condurre un audit, un’analisi delle passività statali attuali, per poi eventualmente rinnegare una parte del debito, provando che non la si potrà mai ripagare o che non si intende restituire la somma perché ritenuta illegittima. È un’operazione giusta in teoria (inutile accanirsi su un paese che non può pagare), ma molto delicata.
Anche se l’Italia si fosse liberata dalle briglie dei patti di stabilità e delle leggi di bilancio europei, la sola minaccia di rivedere o ristrutturare il debito, provocherebbe scossoni indesiderati sui mercati. I Btp sarebbero venduti a piene mani e salirebbe il costo del Tesoro per rifinanziarsi sui mercati. .
Sul fisco, è prevista l’abolizione di Equitalia per un’agenzia di riscossione del fisco più equa (qui Renzi ha copiato i 5 Stelle) e un piano di riduzione delle tasse prevede l’abolizione dell’Irap alle micro imprese e un sostegno alle imprese 4.0, con ampliamento del numero di imprese che potranno usufruire dell’aliquota agevolata In questo caso trovare le risorse, secondo il programma del M5S, non sarebbe un problema.
Con ritorno a moneta nazionale rischi di iperinflazione
In ambito di politica energetica, il M5S punta a un piano ambizioso di rinconversione industriale, un rinnovamento completo verso le energie verdi. Ciò comporterebbe la chiusura di 14 centrali elettriche a carbone, la chiusura degli inceneritori, una tassa ambientale e la sostituzione dei motori termici con motori elettrici.
Se l’Italia esce dall’euro potrà riappropriarsi della sovranità monetaria e potrà liberamente stampare moneta, finanziando il deficit pubblico. In questo modo si potrebbero creare risorse extra per i piani di rilancio sociale, fiscale e industriale sopra descritti, e stimolare la domanda aggregata. L’inflazione e i tassi boom aiuterebbero in un primo momento i rendimenti dei conti correnti, ma farebbero scendere il reddito reale della popolazione più povera e allontanerebbero investitori stranieri e italiani dalla nostra moneta.
Il M5S sostiene che con i propri esponenti al governo l’Italia ritroverà la crescita economica, mentre i critici dicono che faremo la fine dell’Argentina, citata per assurdo spesso dal M5S come uno dei casi in cui l’abbattimento del debito è stato possibile. In Argentina, un paese che non si può paragonare all’Italia per dimensioni, storia e diversità di risorse, sono riusciti a rinegoziare il debito pubblico più di una volta, ma dopo aver impoverito la propria gente con periodi di crisi monetaria e iperinflazione.
Per sapere chi ha ragione forse basterà aspettare meno di un anno. Nel 2017 si potrebbero tenere le elezioni anticipate (la legislatura termina nel 2018). Sempre che i partiti tradizionali non tramino per rivedere la legge elettorale nel modo che conviene loro di più, ovvero scongiurando una vittoria del M5S, il cui trionfo è dato per altamente probabile in tutti i sondaggi politici basati sul sistema elettorale attuale dell’Italicum alla Camera, che prevede premio di maggioranza generoso e doppio turno.