Il Mef lo ha scritto nero su bianco nel suo Aggiornamento pubblicato subito dopo il varo della manovra: la pressione fiscale salirà dal 41,9% del Pil del 2018 al 42,3% nel 2019. E questo senza contare che dal 2020 potrebbe scattare l’aumento dell’IVA, al 24,9% nel 2020 e poi al 25% dal 2021 se non verranno trovati prima 12 e poi altri 20 miliardi necessari a evitare che scattino le clausole di salvaguardia nei prossimi due anni.
Insomma le tasse anziché scendere potrebbero salire ancora una volta in Italia. Ma che cosa si intende per pressione fiscale e come si misura? Se lo chiede Marco Fortis in un articolo de Il Sole 24 ore in cui tenta di offrire una spiegazione esauriente, usando un indice trimestrale realizzato in collaborazione dalla Fondazione Edison e dal quotidiano di Confindustria.
La pressione fiscale viene misurata con il cosiddetto Tax rate, calcolato normalmente su base annua come la somma di imposte dirette, imposte indirette, imposte in conto capitale e contributi sociali divisa per il Pil a valori correnti. (…) L’indice che presentiamo oggi è invece un Tax rate misurato come la somma di tutti i vari tipi di imposte e dei contributi sociali degli ultimi quattro trimestri “scorrevoli” divisa per il Pil grezzo a valori correnti degli ultimi quattro trimestri “scorrevoli”: un parametro che permette di monitorare continuativamente la pressione fiscale, man mano che subentrano i nuovi dati su tasse e Pil relativi all’ultimo trimestre disponibile (rolling year), con una procedura analoga a quella già utilizzata da Eurostat per molti indicatori di finanza pubblica.
Guardando alla dinamica della pressione fiscale in Italia negli ultimi quattro trimestri dal primo trimestre 2001 al terzo trimestre 2018, durante i governi Berlusconi II e III, il Tax rate è oscillato tra il 39% e il 40,5% del Pil con una moderata crescita della pressione fiscale di circa 0,5 punti percentuali di Pil. Più marcato è stato l’aumento della pressione fiscale durante il governo Prodi II, di 1,9 punti percentuali in più di Pil, fino ad arrivare al governo Monti dove la pressione fiscale è aumentata fortemente di circa 2,2 punti percentuali di Pil.
Il quadro non è cambiato particolarmente con il governo Letta, durante il quale la pressione fiscale, pur calando leggermente, è rimasta superiore al 43,5% del Pil fino al governo Renzi-Padoan dove il Tax rate ha registrato il più forte calo degli ultimi venti anni, pari a un -1,1% di Pil dal secondo trimestre 2014 al quarto trimestre 2016.
E ora? Qualsiasi valutazione sulla pressione fiscale del governo giallo-verde richiede tempo, almeno quattro trimestri consecutivi di statistiche su imposte e Pil. Tuttavia il presagio è che l’aumento è dietro l’angolo.
Di certo, non stiamo andando incontro alla roboante riduzione delle tasse promessa in campagna elettorale. Anzi, ci stiamo dirigendo in direzione opposta, senza nemmeno più avere la crescita e con i conti pubblici che rischiano di sfuggire di mano.