Dopo il fallimento dell’aumento di capitale di Mps, con il piano di ricapitalizzazione di UniCredit l’Italia si gioca il suo futuro economico. Se la maxi operazione da 13 miliardi di euro avviata ieri, la maggiore del suo genere nella storia del nostro paese, dovesse andare a buon fine, riuscirebbe a riportare serenità e la banca e il paese riconquisterebbero la fiducia del mondo finanziario.
La terza economia dell’area euro ne ha un disperato bisogno, impantanata com’è ormai da un anno in una profonda crisi del sistema bancario, un fenomeno esacerbato dalla presenza di una montagna di crediti deteriorati nei portafogli delle banche. Ad aggravare la situazione debitoria della clientela, in ritardo di più di 90 giorni nei pagamenti dei prestiti, hanno contribuito una crescita anemica dell’Italia da ormai quasi 20 anni e la recente grande crisi finanziaria.
Il management di UniCredit le sta provando tutte perché l’aumento di capitale sia un successo: quando hanno venduto anche il jet privato della banca per alimentare la base patrimoniale dell’istituto a corto di fondi, l’amministratore delegato Jean-Pierre Mustier e il responsabile finanziario Mirko Bianchi hanno voluto mandare un segnale molto forte, dimostrando di fare sul serio con il piano di riduzione dei costi.
UniCredit, il nodo dei crediti deteriorati
Il titolo di UniCredit ha perso molto terreno negli ultimi 18 mesi in un contesto turbolento per il settore bancario italiano. Oltre ai timori circa la redditività e la governance della banca, gli investitori hanno paura per i 360 miliardi di euro di sofferenze lorde iscritte nei bilanci delle banche italiane, 200 miliardi dei quali sono già inesigibili.
Quando UniCredit ha lanciato l’ambizioso piano di rafforzamento del capitale, a uno sconto del Terp (Theroetical ex right price) del 38% per non correre rischi, i banchieri del consorzio di garanzia dell’aumento si sono detti fiduciosi della buona riuscita dell’operazione. Per l’Italia e la prima banca del paese per fatturato è meglio che lo sia.
Alberto Gallo, portfolio manager di Algebris, ritiene che l’intervento pubblico del governo per 20 miliardi di euro a sostegno delle banche in difficoltà come Mps, Veneto Banca e Pop Vicenza e il fatto che il governo abbia riconosciuto l’esistenza di un problema serio riguardante i prestiti deteriorati, potrebbe essere un elemento positivo per UniCredit e Intesa Sanpaolo.
Al contrario delle concorrenti meno attrezzate, le due big del settore possono assorbire più facilmente le svalutazioni, perché sono in grado di aumentare il capitale. “Rimane da vedere”, dice Gallo al Financial Times, “se si riescono a ristrutturare le banche più deboli. Senza, gli stessi problemi torneranno a ripresentarsi“.
L’aumento di capitale di UniCredit non è il più importante di sempre soltanto per la somma insolitamente alta da reperire sul mercato, bensì anche per le conseguenze che avrà sull’intero paese.