La concorrenza in Europa è un problema da affrontare alla radice.
Ne sa qualcosa Carlo Calenda, attuale ministro che sta affrontando la vicenda della delocalizzazione di Embraco in Slovacchia che fa concorrenza all’Italia sul piano dei costi salariali. E sta cercando di farlo capire anche a Margrethe Vestager, commissario alla concorrenza Europeo.
L’unione nei fatti non esiste, è solo formale.
L’Italia tra contraffazione cinese e concorrenza sui prezzi, indi dumping da parte dei Paesi dell’Est Europa che sfruttano i maggiori incentivi europei, il basso costo del lavoro ed il costo della vita più basso, taluni anche la svalutazione monetaria, per attirare investimenti esteri.
Il contesto europeo è costellato di ostacoli di vario genere: burocratici, solidali, fiscali.
Ogni Stato fa scelte a se, senza una prospettiva di integrazione, ogni tentativo di integrazione viene fatto a maggioranza ma a salvaguardia degli interessi degli Stati che ne traggono vantaggio.
Questo stato di cose rappresenta i semi del fallimento dell’Europa.
La campagna elettorale per le elezioni europee di qualche anno fa non ha visto nessun cenno a tale problematica, men che meno l’attuale campagna elettorale italiana.
I politici non avvertono tale problema?
Sembra di no. Ma rappresenta un elemento chiave per il futuro non solo dell’Europa, ma anche dell’Italia che finora continua a pagare ogni anno molto di più di quanto riesce ad ottenere in dietro in termini di contributi da parte dell’Unione Europea, molto orientata al sostegno dei Paesi più in difficoltà. Tutto questo nonostante ci sia il Sud Italia che riceve ingenti contributi per lo stato di difficoltà in cui versa. E l’elenco dei Paesi in difficoltà è sbilanciato ad Est. Pertanto, la concorrenza ad armi impari, in queste condizioni non può che rappresentare un inseguimento su un terreno impervio a cui le imprese italiane riescono a rispondere ma con un costo molto elevato.
Neppure la moneta unica rappresenta una reale unificazione. Infatti molti Stati pur aderendo al mercato unico non l’hanno adottata. Soprattutto nei Paesi dell’Est. Il vantaggio per questi Stati è quello di avere un controllo sul cambio che ha il vantaggio di svalutare la moneta nei momenti di difficoltà. L’Italia con la lira era solita fare questa operazione, ma con l’Euro non avendo più potuto correre ai ripari ha subito la crisi in pieno e la svalutazione dell’Euro, avviata troppo tardi ha portato la perdita di molte risorse al Paese.
La minaccia per l’Italia in questo momento giunge proprio da quei Paesi dell’est che con la manodopera a basso costo sono più attraenti per le aziende.
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