ROMA (WSI) – C’è il rischio di una nuova fase di credit crunch. A lanciare l’allarme il centro Studi di Confindustria secondo cui il crollo delle quotazioni delle banche italiane e la recente Brexit, ossia l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea, hanno fatto emergere le attese di maggior fabbisogno di capitali ma al tempo stesso anche la maggiore difficoltà nel loro reperimento.
Secondo il Centro studi dell’associazione degli industriali italiani, prima del voto della Gran Bretagna sull’uscita dall’ Ue, il credito alle imprese nel nostro paese era in una fase di timido recupero, registrando +0,3% a maggio, +0,1% in aprile (-0,4% al mese nel primo trimestre), con lo stock del 15% sotto i valori del settembre 2011 (-138 miliardi).
A questi numeri vanno poi aggiunti quelli sul tasso di interesse sui nuovi prestiti che ha toccato i minimi a maggio registrando l’1,8%, dall’ 1,9% in aprile (3,5% a inizio 2014). Ma come contraltare sono cresciute ancora le sofferenze bancarie, arrivando a 142 miliardi a maggio contro i 141 di aprile, arrivando così a registrare il terzo mese consecutivo di aumento, nonostante le varie misure varate. Una situazione che – sottolinea il centro Studi di Confindustria – manterrà le banche prudenti. Ora la Brexit ha cambiato le carte in tavola e secondo gli analisti di viale dell’Astronomia crescono i rischi al ribasso per l’economia del nostro paese. Nel secondo trimestre del 2016 il Pil italiano infatti è aumentato dello 0,15% inferiore allo 0,25% stimato e la previsione per i successivi tre mesi è “non molto più vivace”.
“All’incertezza derivante dalla Brexit si sommano le difficoltà del sistema bancario (non solo in Italia). Fattori che accrescono i rischi al ribasso per l`andamento dell’economia italiana”.
Positivi invece i numeri per quanto riguarda l’occupazione la cui salita. Secondo il CsC, si consolida, “un segnale importante di consolidamento dei progressi avviati ormai da oltre due anni”. Nel bimestre aprile-maggio il numero di persone occupate difatti è cresciuto di 97mila unità (+0,4%), dopo le 25mila in più registrate nel primo trimestre (+0,1%), il livello in maggio è ai massimi da aprile 2011. Una crescita dovuta, come segnala il Centro studi, ad un ulteriore aumento dei dipendenti a tempo indeterminato, ma crescono anche i lavoratori a termine (+53mila, dopo due trimestri di contrazione) e quelli indipendenti (+12mila, pressoché piatti nel primo trimestre dopo un prolungato calo).