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Confisca antimafia e anti riciclaggio: cautele per intermediari finanziari

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La recente sentenza di legittimità della suprema Corte di Cassazione n.9677 del 7 febbraio 2017, peraltro in linea con l’orientamento degli ultimi anni, ha respinto la presunta e non dimostrata “buona fede” dell’Italfondiario SpA, finalizzato al recupero del credito ipotecario concesso ad un cliente, successivamente destinatario di una Misura di prevenzione patrimoniale per una confisca antimafia.

Senza alcuna presunzione di sufficienza o di esaustività, voglio provare ad affrontare il difficile problema venutosi a creare in ordine al punto di equilibrio fra l’esigenza pubblica di repressione di condotte criminali e la tutela giuridica dei terzi estranei al reato.

Un esempio classico fra queste due esigenze è quello dell’Istituto di credito che, dopo aver finanziato un’attività economica con ingenti risorse finanziarie, si trova a dover dimostrare la propria “buona fede” quando, con l’intervento dell’Autorità giudiziaria vengono confiscati i beni ed il patrimonio aziendale perché ritenuto contiguo ovvero frutto di attività connesse alla criminalità organizzata.

Quali sono o dovrebbero essere le condotte dell’Istituto di credito in occasione della valutazione del rischio creditizio e quindi di solvibilità del cliente?

E anche dopo, concessa l’apertura di credito attraverso la sola valutazione del “rischio creditizio” ovvero soffermandosi unicamente sulla solvibilità del cliente, cosa si potrà fare successivamente per ridurre i rischi?

Andiamo con ordine, cominciando a riepilogare l’accaduto.

1. Giudizio di merito del Tribunale (stralcio sentenza)

“Con il provvedimento impugnato, il Giudice per le indagini preliminari del tribunale di Siracusa. In funzione del giudice dell’esecuzione, ha ammesso Italfondiario S.p.A. al pagamento dei crediti ipotecari relativi agli immobili sottoposti a confisca, ai sensi dell’art. 12-sexies, DL n.306/1992, ai danni di Salvatore Barchi con la sentenza pronunciata il 10 dicembre 2009 dal Giudice per le indagini preliminari del tribunale di Siracusa, divenuta definitiva il 3 maggio 2001, ritenendo dimostrata la buona fede dell’istituto creditore essendo state dallo stesso seguite le ordinarie procedure di erogazione del credito all’atto del finanziamento, non potendosi richiedere al terzo lo svolgimento di particolari indagini volte a verificare l’esistenza di reali rapporti tra il condannato e i soggetti finanziati, nonché la veridicità delle dichiarazioni da questi rese in occasione della richiesta di finanziamento”.

2. Ricorso

Il successivo ricorso dell’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata tempestivamente presentato ha rovesciato il giudizio di merito disconoscendo la buona fede dell’istituto di credito erogante il finanziamento.

In termini generali, tutti i soggetti terzi titolari di diritti reali sul patrimonio confiscato, avendone tutto l’interesse, sono tenuti a dimostrare la loro estraneità al reato commesso ed accertato, in conseguenza del quale è stato esercitato il potere di confisca da parte dello Stato.

La Suprema Corte ha ritenuto che nella erogazione del credito da parte dell’Istituto bancario, non bisogna soffermarsi alle mere apparenze ma al contrario, svolgere tutte quelle attività di approfondimento soggettivo del cliente (moralità e conoscenza sulla piazza) e oggettivo dell’operazione, strettamente collegata all’esercizio di una dichiarata attività economica.

Ai fini poi del riconoscimento della invocata “buona fede”, bisognerà analizzare i termini ed il contenuto concreto della istruttoria svolta dall’istituto finanziario che ha aperto la linea di credito, con particolare riferimento ad una seria, approfondita e autonoma ricostruzione (anche mediante l’intervento di organi tecnici esterni alla filiale ovvero a livello di audit) delle caratteristiche soggettive e patrimoniali dei soggetti coinvolti.

Per l’accoglimento del ricorso, nella parte finale della sentenza si dice più chiaramente (integrale): “Si consideri, da ultimo, che l’attività dell’istituto deve anche avere a oggetto la verifica dello scopo e delle finalità del negozio giuridico, con riferimento all’effettività e concreta operatività dei soggetti economici coinvolti, alla regolarità amministrativa dell’operazione sottostante, nonché alla sostenibilità finanziaria del negozio, sia con riguardo al debitore sia con riguardo all’eventuale altro contraente, allo scopo di adempiere ai doveri propri dell’intermediario finanziario con riguardo, tra l’altro, alla normativa antiriciclaggio”.

3. Cautele operative nell’esercizio del credito

Prepararsi il terreno per la dimostrazione a posteriori della propria “buona fede” nell’esercizio del credito, scevra da ogni conoscenza o commistione con attività criminose del cliente destinatario del finanziamento, deve ormai rappresentare la normalità.

Per fare questo, soprattutto per il finanziamento di attività economiche ed escludendo quindi i mutui ipotecari verso privati per l’acquisto della casa per civile abitazione, bisogna porre in essere determinate condotte operative che vanno oltre la mera solvibilità del cliente, avuto riguardo in particolare agli adempimenti antiriciclaggio.

In concreto, al netto dei requisiti di solvibilità anche desunti dai risultati di bilancio, quali devono essere queste cautele operative:

  • a. Riscontro circa la concreta esistenza della dichiarata attività economica, attraverso una verifica di cantiere finalizzata all’esame e controllo della struttura logistica e imprenditoriale (infrastrutture, magazzini, dipendenti, materia prima, prodotti lavorati etc.);
  • b. Conoscenza adeguata e onorabilità del Titolare effettivo, ovvero dell’amministratore e/o di chiunque altro detenga il controllo di gestione dell’attività economica;
  • c. Verifica circa la effettiva esperienza maturata dal medesimo in ordine all’attività economica esercitata;
  • d. Verifica dei soci di capitale, anche con riferimento ad eventuali pregiudizi – penali e/o amministrativi – desunti dalla conoscenza di piazza;
  • e. Regolarità fiscale e contributiva dell’azienda, anche acquisendo elementi di riscontro presso l’Ente previdenziale (DURC) ovvero presso l’Agenzia delle entrate;
  • f. Modalità di utilizzo della linea di credito, attraverso la lettura e interpretazione dei rapporti di conto (aziendali). Più precisamente, verificare:

– Le modalità di spesa (pagamento dei fornitori di beni e servizi strumentali all’impresa con modalità tracciabili, ovvero bonifici e titoli di credito);

– Le modalità alimentazione, nel valutare la provenienza degli accrediti – coerenti con la tipologia di attività economica;

– Controllo dinamico e costante circa l’operatività dei rapporti, in grado di evidenziare possibili anomalie, con riferimento alle modalità di spesa (sempre strumentali all’oggetto sociale) ovvero alle entrate, sempre coerenti alla tipologia di attività economica esercitata;

  • g. Lasciare traccia storica e documentale di tutto lo screening svolto tanto in fase preliminare (prima dell’apertura della linea di credito o del finanziamento concesso) che rapporto durante;
  • h. Per gli adempimenti antiriciclaggio, in presenza di eventuali riscontri anomali, assumere le iniziative ritenute necessarie anche attraverso l’inoltro di una Segnalazione di operazione sospetta anche in costanza di rapporto di fido.
  • 4.Rapporti di fido in essere o finanziamenti già concessi
  • Le cautele e/o attenzioni descritte nel punto 4), laddove non sufficientemente svolte in precedenza, potranno essere poste in essere anche dopo la concessione del finanziamento.

Meglio tardi che mai, mi verrebbe da dire!

5. Conclusioni

Ponendo in essere l’attività anzidetta, prima o immediatamente dopo l’esercizio del credito da parte di un Intermediario finanziario, ovvero rapporto durante, nutro la moderata convinzione che nessun Collegio giudicante di una qualunque Autorità possa respingere il diritto al recupero di crediti ipotecari.

La buona fede, in realtà rappresenta, e ancora di più rappresenterà in futuro, la traduzione del modus operandi utilizzato nell’esercizio del credito da parte di un Intermediario finanziario.

Porre in essere ogni sforzo per valutare il profilo della clientela non solo sotto l’aspetto della solvibilità del credito concesso, ma anche del corretto esercizio della dichiarata attività economica e, non ultimi i connessi adempimenti fiscali, contributivi e regolarità nell’espletamento dell’attività imprenditoriale potrà costituire il viatico migliore per acclarare l’invocata buona fede.

Non so se questo è il caso ma si usa dire che “L’uomo avvisato è mezzo salvato”.