Confisca antimafia & buona fede del terzo – Corretta osservanza “Regole antiriciclaggio”
La lettera b) del 1° comma dell’art.52 del vigente Codice antimafia[1] stabilisce che <<La confisca non pregiudica i diritti dei terzi che risultino da atti aventi data certa anteriore al sequestro a condizione che il credito non sia strumentale all’attività illecita o a quella che ne costituisce il frutto o il reimpiego, a meno che il creditore dimostri di avere ignorato in buona fede il nesso di strumentalità.>>
Dimostrare la “data certa” è alquanto facile, anzi scontato. Dimostrare invece la “buona fede” nell’aver osservato tutti gli aspetti connessi alla valutazione del cliente, al suo profilo soggettivo, la effettiva attività economica svolta ovvero, l’assenza di legami – diretti o indiretti – con la criminalità organizzata è una operazione ben più complessa.
In buona sostanza, quando un Intermediario finanziario – nello specifico una banca – eroga un finanziamento ad una impresa – non deve limitarsi alla valutazione della mera solvibilità sotto il profilo economico finanziario ma al contrario, deve integrare queste informazioni sotto il profilo soggettivo del cliente in ordine alle sue potenzialità economiche ed alla sua onorabilità.
Se non fa questo, la stessa Banca rischia, come in questo e tanti altri casi in passato di non vedersi riconosciuta quella invocata “buona fede del terzo” in conseguenza dell’intervento della magistratura.
Infatti, l’orientamento più recente della Suprema Corte di cassazione è stato quello di bocciare le pretese dell’Istituto di credito che, nel corso della istruttoria per l’affidamento del credito, non ha dimostrato di aver svolto un’adeguata istruttoria ai fini della normativa antiriciclaggio.
Infatti, la Corte dice che “l’attività dell’istituto deve anche avere ad oggetto la verifica dello scopo e della finalità del negozio giuridico, con riferimento all’effettività e concreta operatività dei soggetti economicamente coinvolti […] allo scopo di adempiere ai doveri propri dell’intermediario finanziario con riguardo, tra l’altro, alla normativa antiriciclaggio” – Cassazione 9677 del 07 febbraio 2017..
Il contestuale richiamo alla normativa antiriciclaggio è da tenere in particolare considerazione per le conseguenze che possono colpire direttamente le banche. Ne deriverebbe che se non si riuscisse a dimostrare la buona fede, c’è il rischio di vedersi ascrivere reati connessi alla normativa antiriciclaggio. L’alternativa alla buona fede è la mala fede, o, come minimo, la colpevolezza nel non avere applicato norme imperative.
Insomma credo che questa sentenza sia ben più rilevante del caso concreto su cui si è deciso.
Ancora secondo la Cassazione – Sentenza 26 settembre 2012, n. 36990 – “la motivazione deve piuttosto indagare, al fine di riconoscere la buona fede, il contenuto dell’istruttoria svolta dall’istituto finanziario che ha erogato il finanziamento con particolare riferimento ad una seria, approfondita ed autonoma ricostruzione (anche mediante l’intervento di organi tecnici esterni alla filiale ovvero anche a livello di audit) delle caratteristiche soggettive e patrimoniali dei soggetti coinvolti”.
Non dimostra la buona fede della banca, sostiene la Corte, “l’avvenuto rispetto della procedura interna per la concessione di finanziamenti” ma al contrario, per dare prova della loro buona fede, debbono dimostrare che, dalle indagini effettuate in sede di istruttoria per la concessione del credito, non sia possibile desumere che i richiedenti fossero affiliati ad associazioni criminali.
Istruttoria bancaria concessione del credito
Il rispetto della normativa antiriciclaggio richiede, come sempre, razionalità e comune buon senso.
Innanzitutto suggerisco sempre, soprattutto per Istituti di credito medio grandi, uno stretto “rapporto di collaborazione” fra la Linea crediti e l’Ufficio antiriciclaggio.
Quali sono in buona sostanza gli alert da tenere in considerazione :
[1] D.lgs 6 settembre 2011, n.159