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Conflitto Hamas-Israele, banca centrale in azione per blindare lo shekel

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La settimana dei mercati finanziari si è aperta all’insegna della cautela, dopo l’attacco sferrato nel weekend da Hamas a Israele. Oltre a frenare l’azionario e alimentare gli acquisti su petrolio e beni rifugio, il tragico evento ha spinto la banca centrale israeliana ad intervenire per salvaguardare lo shekel, la valuta locale. Ecco tutti i dettagli sull’azione dell’istituto e le sue conseguenze.

Le misure della banca centrale a protezione dello shekel 

L’istituto ha annunciato che fornirà liquidità in dollari ai creditori locali, vendendo nel contempo valuta estera per stabilizzare lo shekel. È la prima volta che la banca centrale di Israele effettua una vendita di questo tipo da quando, nel 2003, la moneta locale è liberamente convertibile.

Nel dettaglio, è prevista la vendita di riserve estere fino a 30 miliardi di dollari, oltre ad una possibile estensione di ulteriori 15 miliardi attraverso meccanismi di swap.

La banca continuerà a monitorare gli sviluppi, utilizzando gli strumenti a disposizione laddove necessario per contenere la volatilità dello shekel e garantire la liquidità necessaria per un corretto funzionamento dei mercati.

Gli effetti sui mercati dopo il sostegno allo shekel

L’azione della banca centrale ha inizialmente sostenuto lo shekel israeliano, che tuttavia è tornato a indebolirsi nei confronti del dollaro. Al momento il cambio si attesta a 3,937 shekel per dollaro, sui livelli più elevati (quindi più deboli per la valuta di Tel Aviv) dal 2016.

Il principale indice azionario del Paese, il TA-35, è crollato ieri del 6,5%, registrando la peggior performance giornaliera da oltre tre anni, mentre oggi viaggia in progresso dello 0,7%.

Il conflitto ha innervosito anche gli investitori nel comparto obbligazionario. Il prezzo del titolo di Stato a 100 anni di Israele, con scadenza nel 2120, è sceso di 4,7 centesimi a 64,9 centesimi per dollaro, il minimo da quando è stato emesso nel 2020.

Inoltre, il costo per assicurare il debito nazionale contro il default (tracciato dai CDS a 5 anni) è salito di 25 punti base, arrivando a 84, il massimo dal 2009.

Inversione di rotta rispetto alle politiche passate 

L’intervento odierno della banca centrale di Israele è il primo da due anni, nonché il primo in assoluto ad includere la vendita di dollari. In precedenza, un piano di interventi avviato oltre un decennio fa dall’allora Governatore Stanley Fischer per frenare il rafforzamento dello shekel ha permesso all’istituto di accumulare riserve per quasi 203 miliardi di dollari, un importo superiore a un terzo del Pil.

“L’economia israeliana è molto forte”, ha affermato alla CNBC Zvi Eckstein, ex vice governatore della Banca d’Israele. “A meno che non ci sia un attacco fisico iraniano, è molto probabile che Israele ritorni a funzionare pienamente a livello economico entro una settimana o due. La valuta israeliana verrà un po’ svalutata perché sia gli israeliani sia gli investitori esteri ridurranno la loro esposizione verso Israele man mano che il rischio per la sua economia aumenterà”, ha aggiunto Eckstein, che attualmente è professore emerito di economia all’Università di Tel Aviv.

Intanto, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha promesso un sostegno “solido come la roccia” degli Stati Uniti a Israele, mentre il Primo Ministro Netanyahu ha affermato che la guerra con i militanti di Hamas nella Striscia di Gaza sarà lunga e “difficile”.

Le previsioni degli analisti sullo shekel

“In circostanze come questa, il mantenimento della stabilità è più importante dei livelli“, affermano gli analisti di Bank of New York Mellon. “Nel breve termine ci sarà una certa volatilità sui mercati, ma ci aspettiamo che sia gestibile”; inoltre, “la Banca d’Israele ha molta esperienza in questioni del genere”.

Secondo Deutsche Bankè probabile che l’istituto alzi ulteriormente i tassi di interesse e reintroduca l’acquisto di obbligazioni per sostenere lo shekel e i mercati finanziari. Mentre in passato le tensioni geopolitiche hanno avuto solo un impatto minimo sulla valuta, questa volta “la pressione sullo shekel sembra inevitabile”, hanno affermato gli strategist della banca tedesca.

“Data l’entità delle riserve e del sostegno statunitense, mi aspetterei che l’impatto sui tassi e sul movimento valutario non si estenda molto oltre i livelli attuali, certamente non in tempi rapidi”, ha affermato invece Paul McNamara, gestore di fondi presso GAM UK.