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Consip, AD Marroni: “chi tocca Lotti Muore”

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Il Consiglio superiore della magistratura potrebbe neutralizzare il probabile protagonista dell’inchiesta CONSIP, una vicenda su un presunto caso di corruzione che rischia di mettere nei guai Matteo Renzi. Si tratta del PM di Napoli che si occupa o si è occupato di due indagini cruciali: quella del 2015 sulla coop Cpl Concordia, prima, e quella sul caso CONSIP dopo.

Henry John Woodcock, autore di grosse inchieste come Vallettopoli e quella sulla P4, rischia infatti di essere trasferito dal Csm per sospetta incompatibilità. Tutto dipenderà dalla decisione – che era nell’aria da aprile – che prenderà la Prima commissione, la quale ha la competenza sul trasferimento d’ufficio dei magistrati in presenza di scenari di incompatibilità ambientale.

In aprile erano emerse delle inesattezze nelle informative redatte dal capitano del Noe dei Carabinieri, Giampaolo Scafarto. Resta da chiarire se si materializzerà anche la trasmissione al riesame dell’intercettazione ambientale di un colloquio del 2014 avuto tra il generale della Guardia di Finanza, Michele Adinolfi, e l’allora premier Renzi.

La conversazione non è importante ai fini dell’indagine in sé ma ha potenzialmente risvolti politici pesanti, stando a quando pubblicato sui giornali quando i contenuti del confronto vennero resi pubblici con il deposito al Riesame.

Intanto l’amministratore delegato di CONSIP Luigi Marroni, un tempo vicino al Giglio Magico da cui era stato cooptato per guidare la società della Pubblica Amministrazione, prepara un libro “verità” e si sfoga dicendo: “Hanno trovato il capro espiatorio. Chi tocca Lotti (Luca, il ministro dello Sport vicino all’ex premier Matteo Renzi) muore”.

Il ruolo di Marroni nell’inchiesta CONSIP

È stato Marroni a rivelare ai magistrati le pressioni che avrebbe subito da Tiziano Renzi, il padre dell’ex premier, ed è sempre lui che ha tirato in ballo anche il ministro dello Sport. Da allora i rapporti con la cerchia dei renziani si sono comprensibilmente incrinati. Va ricordato che al contrario di Lotti e del presidente di CONSIP Luigi Ferrara, Marroni non è indagato e quindi può parlare più “liberamente”.

In qualità di persona informata sui fatti, Marroni è stato sentito dai magistrati, giocando il ruolo di testimone speciale dell’inchiesta. Va tenuto ben presente che cambiando le sue dichiarazioni e versioni della vicenda, aggiungendo per esempio altri dettagli o smentendone di vecchi, l’ex dirigente dell’Azienda Sanitaria di Firenze (incarico ricoperto dal 2004 al 2012 negli anni in cui Renzi era presidente di provincia, prima, e sindaco, poi) rischia di essere accusato di calunnia.

Il 27 giugno l’assemblea di CONSIP scioglierà il consiglio d’ amministrazione, ufficializzando le dimissioni del presidente Ferrara e del consigliere Maria Laura Ferrigno. A quel punto il ministero dell’Economia dovrebbe presentare i tre nomi nuovi per i vertici dell’azienda. Al posto di Marroni, secondo le indiscrezioni stampa, sarebbe in pole position il commissario alla spending review e renziano doc Yoram Gutgeld.

Scandalo CONSIP: cosa sappiamo finora

L’inchiesta CONSIP, che vede coinvolti si basa su due filoni principali. Uno, il più importante, vede coinvolto l’imprenditore napoletano Alfredo Romeo, arrestato e accusato di aver corrotto un funzionario di CONSIP, la società che si occupa degli acquisti della PA, e aver promesso denaro a Tiziano Renzi.

L’altro riguarda una presunta fuga di notizie e vede invece protagonista l’attuale ministro dello Sport, accusato, insieme ad altri dirigenti e ufficiali delle forze dell’ordine, di aver comunicato a un gruppo di dirigenti di CONSIP che c’era un’indagine in corso nei loro confronti. In questo il ruolo di Marroni è cruciale: è lui che ha rivelato ai magistrati che gli accusati sopra citati lo avvertirono in diverse occasioni che nel suo ufficio c’erano delle microspie, poi effettivamente scoperte, secondo l’AD uscente di CONSIP.

Nel 2013, Romeo ha fatto alla Fondazione Open una donazione di 60 mila euro tramite la società Isfavim, che ha finanziato la campagna elettorale di Renzi alle primarie di quell’anno. Scafarto da parte sua è indagato, con l’accusa di falso aggravato dai procuratori di Roma per aver trascritto male un’intercettazione inserendo una frase che rischiava di compromettere il padre di Renzi.