Quali sono le reali sfide dei consulenti finanziari oggi? Convincere i clienti a investire nel lungo periodo, i cambiamenti socio-demografici, la rivoluzione tecnologica, ecc. Se ne è parlato molto durante Consulentia20, evento organizzato da Anasf che vede la categoria dover far fronte a numerose situazioni. Sono 1.700 circa i miliardi depositati sui conti corrente degli italiani e convincerli ad investire è impresa ardua. I consulenti devono investire anche su loro stessi in formazione, oltre che per professionalizzarsi, per far fronte alle numerose sfide che gli si pongono davanti.
Demografia e tecnologia
“Il mondo è straordinariamente cambiato, la nostra missione è quella di accompagnare il cliente nella realizzazione dei suoi progetti di vita”, spiega Stefano Volpato, direttore commerciale di Banca Mediolanum. “E’ evidente che questi progetti sono fortissimamente influenzati dai cambiamenti socio-demografici, e sono questi cambiamenti che mi fanno dire che la stagione che ci apprestiamo a vivere possa essere veramente straordinaria per questa professione. Il mestiere del consulente finanziario è sempre stato importante per i risparmiatori, proprio per la sua capacità di generare valore. In futuro questo mestiere diventerà imprescindibile. Dico questo perché il consulente finanziario mette insieme tre caratteristiche peculiari: il tempo di relazione, fondamentale per capire il cliente che abbiamo davanti; un approccio corretto per trovare la soluzione adatta; una competenza specifica che diventa fondamentale“.
Sulla stessa lunghezza d’onda Marco Bernardi, vicedirettore generale di Banca Generali, che aggiunge anche un ulteriore aspetto: “L’evoluzione demografica è un trend da tenere in considerazione non solo nel nostro settore. Il fatto che anche il pubblico in Italia si stia un po’ ritirando dal mondo delle pensione richiede un impegno e un ruolo diverso, anche a livello sociale, da parte di chi si occupa di risparmio. Dall’altro lato c’è il tema della tecnologia e del cambiamento delle abitudini di consumo che le nuove generazioni avranno e continueranno ad avere che è un tema da guardare con grande attenzione ma non disintermedierà la professionalità di un interlocutore di riferimento che continuerà ad essere la persona che aiuterà a risparmiare tempo e prendere le decisioni giuste su tematiche molto complesse”.
“Ok la tecnologia, ma non dobbiamo perdere la capacità di essere empatici. Nessuna app e nessun computer ha gli occhi che brillano quando raccontano qualcosa e da questo punto di vista dobbiamo essere molto molto consapevoli“, la chiosa sul tema di Paolo Martini, amministratore delegato e direttore generale di Azimut Holding.
Trasformare sé stessi
I cosiddetti megatrend non sono i soli protagonisti del cambiamento in atto e lo spiega chiaramente Nicola Viscanti, responsabile della rete dei consulenti finanziari di Widiba: “La vera sfida dei consulenti è continuare a fare quello che stanno facendo nell’ultimo periodo: la trasformazione del proprio ruolo da gestore della parte mobiliare del cliente a consulente patrimoniale. Il consulente deve diventare l’uomo di fiducia del cliente e si occupa di tutte le sue esigenze a livello patrimoniale, non solo a livello fisico ma anche giuridico, basti pensare al cliente imprenditore che ha, quindi, un supporto anche da questo punto di vista. Questo cosa comporta? Da un lato, un grande sforzo da parte delle società ad aumentare la gamma di prodotti e le partnership, dall’altro il consulente finanziario deve mettersi in discussione ed evolversi da un punto di vista di formazione”.
Un altro punto di vista decisamente interessante è quello di Stefano Lenti, responsabile area consulenti finanziari e wealth bankers di IWBank PI. “La vera sfida è la crescita. In dieci anni il numero di clienti gestiti da un consulente è cresciuto di sole 10-15 unità. Il consulente si è dimostrato molto bravo a gestire la clientela esistente, ma una necessità fondamentale è un ampliamento della clientela seguita. Questo può avvenire attraverso un utilizzo del digitale, ma soprattutto tramite qualcosa di più profondo. Il consulente deve tornare alle origini della professione, tornando a mettere in atto le sue capacità professionali, ma anche le capacità relazionali e commerciali che portano ad ampliare uno spettro di clientela che permetta una crescita a tutto il settore“.
Punta forte sulla formazione anche Paolo Martini di Azimut: “Penso che le reti di consulenti finanziari debbano alzare il livello di competenze e professionalità, perché indubbio che fino a poco tempo fa con una minor consapevolezza dei risparmiatori si poteva fare questa professione con fortissime doti relazionali, ma con minori doti tecniche e competenze tecniche. Oggi, invece, un cliente di fascia medio-alta richiede competenze importanti dove il team è una chiave di successo evidente e penso sarà l’unico modo di lavorare nei prossimi anni su un certo tipo di target di clientela“.
Retribuzione
“La Mifid 2 non ha raggiunto gli obiettivi sperati ed è stata un ulteriore costo per società e banche. Come sistema non abbiamo fatto una bella figura“, prosegue Viscanti. “In questa trasformazione come sistema abbiamo fatto un passo indietro, molte società sono passate dall’architettura aperta a un modello di consulenza guidata e hanno colto l’occasione, alcune volte, per ridurre le retribuzioni ai consulenti finanziari. Si è partiti dalla Mifid per parlare di maggiore trasparenza, ma alla fine si sta correndo il rischio che il soggetto più debole, il consulente, ne paghi maggiormente le conseguenze”. “Se andiamo a vedere la situazione nel dettaglio, possiamo vedere che c’è uno sviluppo importante in termini di masse che risponde da solo a questo tema. Nel 2018, la fetta di mercato dei consulenti finanziari era stimata al 12%, in un solo anno l’abbiamo portata a sfiorare il 15%. Questa è una cartina tornasole di quello sviluppo che andremo sicuramente a constatare nei prossimi anni“, sostiene Stefano Volpato.