di Gloria Valdonio
Con la Mifid2 ci sarà un impulso alla creazione di nuovi prodotti destinati ai clienti private. Ma la consulenza giocherà la sue carte tra retail e immobiliare
La direttiva Mifid2, che ha introdotto importanti modifiche nel mercato finanziario europeo, nasce per rendere la vita più facile ai risparmiatori, ora più tutelati, ma la rende più costosa alla filiera della consulenza. Tuttavia l’adozione della nuova regolamentazione non porta solo oneri e costi. Per la società di consulenza Excellence Consulting schiude interessanti opportunità in grado di generare nuovi introiti per 3,5 miliardi di euro l’anno agli operatori della filiera.
Per quanto riguarda il bicchiere mezzo vuoto, ossia i costi e gli oneri, in effetti la Mifid2 introduce nuovi costi di compliance stimati in 680/780 milioni. A questi va aggiunta la riduzione dei ricavi, conseguente all’aumento della trasparenza dei prezzi dei prodotti e dei servizi finanziari e alla concorrenza delle piattaforme digitali, che dovrebbe attestarsi tra il 10% e il 15% sul prezzo medio dei prodotti di investimento (quali fondi e gestioni) distribuiti in Italia. In moneta sonante ciò corrisponde a minori ricavi annui da 2,7 a 4,2 miliardi per l’industria del risparmio gestito.
Maurizio Primanni, a.d. di Excellence Consulting invita però a guardare anche al bicchiere mezzo pieno: “Le ricerche si sono focalizzate fino a oggi sugli impatti diretti della normativa, che inevitabilmente si traducono in maggiori costi di adeguamento e sul rischio di minori ricavi – racconta a WSI -. Noi abbiamo voluto invece quantificare anche gli effetti indiretti, dovuti alle probabili strategie di reazione degli operatori della filiera del risparmio gestito. E stimiamo maggiori ricavi per 3,5-3,6 miliardi di euro all’anno”.
Il computo dei nuovi ricavi da parte di Excellence Consulting è costruito sulla base dell’esperienza anglosassone. Comparando gli effetti economici negativi citati (tra 3,4 e 5 miliardi) ai ricavi che possono derivare da un aumento della diffusione di nuovi prodotti di investimento, dalla consulenza a pagamento, dai nuovi servizi di consulenza retail fino a quella sul patrimonio immobiliare (stimati tra 7 e 8,5 miliardi), il saldo netto su un orizzonte temporale di medio periodo potrebbe essere positivo e valere circa 3,5-3,6 miliardi all’anno.
“È importante sottolineare – avverte Primanni – che è necessario un ulteriore cambio di passo da parte degli operatori italiani. Sarà fondamentale continuare a investire nello sviluppo di nuovi prodotti, strumenti e modelli di servizio e di consulenza. La strada è quella già tracciata dalla normativa: aumentando la capacità di creare valore per i clienti sarà possibile far fronte alla compressione dei margini”. Quattro sono i pilastri della redditività post Mifid2 individuati da Excellence Consulting. Analizziamoli nel dettaglio.
Lo sviluppo di nuovi prodotti ha un ruolo di primo piano nella generazione di ricavi che siano in grado di compensare il gap di introiti post Mifid2. Secondo Excellence Consulting, sulla scia del successo ottenuto dai Pir, è prevedibile che nel triennio 2018-2020 si svilupperà una nuova generazione di prodotti wrapper – come vengono definiti i contenitori di prodotti progettati per costruire un’asset allocation equilibrata – dedicati ai clienti affluent, nonché di soluzioni di investimento “outcome oriented”, costruite intorno a specifici bisogni e desideri della clientela.
L’impulso più forte alla creazione di nuovi ricavi potrà però derivare da una nuova generazione di prodotti alternativi (hedge fund, private equity, real estate, infrastructure) destinati ai clienti private e agli “high net worth” (hnw) titolari di grandi patrimoni. “Tali prodotti alternativi, amplificatori di performance, sono attraenti per quei clienti capaci di sopportare profili di rischio più estremi”, spiega Primanni.
Attualmente in Italia questi prodotti non sono molto popolari, vengono distribuiti solo alla clientela istituzionale e valgono appena lo 0,25% (1,9 miliardi a fine 2016) del totale degli asset investiti. Le cose sono destinate a cambiare: “Sono in atto trend che ne potrebbero agevolare la diffusione anche presso i clienti private e hnw – commenta Primanni – avvicinando così l’Italia ad altri mercati, come Honk Kong e Tokyo, dove i prodotti alternativi raccolgono il 2,2% del totale degli investimenti, o gli Stati Uniti dove la percentuale sale al 3,2%”. Secondo Excellence Consulting, i prodotti alternativi potrebbero generare da 400 a 600 milioni di maggiori ricavi all’anno.
La consulenza finanziaria a pagamento è il secondo pilastro. Proiettando i risultati ottenuti da alcuni operatori italiani pionieri di questa consulenza, il sistema del risparmio gestito potrebbe ottenere nuovi ricavi per 4,5-5 miliardi di euro all’anno a regime.
In questo modo lo sviluppo della consulenza finanziaria di qualità andrebbe, da sola, a compensare la perdita di ricavi dovuta alla trasparenza dei prezzi e alla concorrenza delle piattaforme digitali. Alla base di questa stima “ci sono i riscontri delle nostre esperienze progettuali con banche italiane e internazionali sui ricavi conseguibili attraverso servizi di consulenza a pagamento – spiega Primanni -. Questi dati sono poi confermati da una ricerca condotta negli Stati Uniti su un campione di 42mila financial advisor che dimostra come la consulenza a pagamento possa valere per i clienti fino a 3 punti percentuali di maggiore performance del portafoglio investimenti”.
Dalla consulenza retail potrebbero giungere ulteriori 1,5-2 miliardi all’anno. La cifra si ottiene ipotizzando nuove commissioni per circa 300 euro annui per cliente retail derivanti sia dall’incremento dei risparmi in gestione sia dal microcredito. Quanto al moltiplicatore, si ipotizza una percentuale di ragionevole adesione del 15-20% sui 38 milioni di clienti delle banche e si ottiene così il prodotto stimato dagli analisti di Excellence Consulting.
A supporto ci sono i dati di Banca d’Italia sulla composizione dei 4.100 miliardi di euro di attività finanziarie delle famiglie italiane: dal 1990 al 2016 il valore dei titoli di Stato e delle obbligazioni è sceso dal 31,8% al 16,9%, la quota dei prodotti di risparmio gestito è aumentata dal 10,4% al 34,4%, mentre rimane una quantità rilevante di ricchezza parcheggiata nei conti correnti e nei depositi: quest’ultima rappresentava oltre il 34% della ricchezza finanziaria totale nel 1990 ed era al 32% nel 2016. “Il cuore della consulenza retail – dice Primanni – dovrebbe essere l’ottimizzazione delle spese dei clienti, il supporto nella generazione di risparmio e il suo investimento in prodotti outcome oriented, l’erogazione di microcredito per far fronte a temporanee esigenze di cassa della famiglia, la gestione di tutti i potenziali rischi relativi alla protezione familiare e patrimoniale e l’assicurazione di un adeguato flusso previdenziale per la terza età”.
C’è poi il patrimonio immobiliare. I ricavi dalla consulenza sul patrimonio immobiliare non sono da trascurare. Secondo Bankitalia il valore totale delle attività immobiliari è di 5,8 mila miliardi di euro, superiore a quello delle attività finanziarie (4,1 mila miliardi). Nel mirino, le abitazioni non principali, che sono 14,6 milioni cioè il 40% del totale, per un valore di 2 mila miliardi. Un patrimonio che potrebbe essere gestito meglio sia in termini di ottimizzazione dei costi di facility e manutenzione, sia attraverso la diversificazione geografica degli investimenti o la riqualificazione immobiliare.
“Il potenziale di creazione di valore per i clienti è notevole e una parte potrebbe essere riconosciuta agli attori che individueranno i più efficaci modelli di consulenza immobiliare”, spiega Primanni. Secondo Excellence Consulting, se la consulenza sul patrimonio immobiliare rappresentasse a regime il 10% (stima conservativa) di questi valori e tenendo conto di un pricing medio per tali servizi di 40/50 basis point, si potrebbero generare per il settore da 800 milioni a un miliardo di maggiori ricavi annui.
L’articolo integrale è stato pubblicato sul numero di febbraio del mensile Wall Street Italia