“Le imprese non devono temere le norme del decreto dignità” dal momento che il provvedimento voluto dal leader del MoVimento 5 Stelle e ministro del Lavoro Luigi Di Maio “avrà benefici anche sui consumi”. Lo ha dichiarato il presidente del Consiglio Giuseppe Conte al quotidiano La Stampa.
Il decreto dignità ha fatto infuriare le aziende e i datori di lavoro per via della stretta sui contratti a tempo determinato. Conte ha difeso il testo, che potrebbe essere modificato dall’aula con Di Maio che ha assicurato che il governo non chiederà la fiducia:
“Non c’è alcun motivo per le piccole e medie imprese di infuriarsi. Negli ultimi anni destra e sinistra hanno alimentato una falsa opposizione tra lavoro e impresa, ma la verità è che un mercato del lavoro più stabile rilancia la domanda interna, con ricadute positive sui profitti d’impresa. Naturalmente non ci fermeremo qui: i prossimi passi saranno la riduzione del cuneo fiscale e la semplificazione burocratica, che abbiamo già iniziato nel decreto Dignità disattivando redditometro e spesometro”.
Immancabile è arrivata anche la domanda sulle coperture senza compromettere la stabilità dei conti pubblici, anche per poter smontare la legge Fornero, come l’esecutivo ha promesso nel contratto di governo.
“Il programma di governo verrà realizzato gradualmente”, ha garantito Conte, “senza mettere in discussione la tenuta dei conti pubblici. La priorità assoluta è il rilancio degli investimenti produttivi, così da attivare quei moltiplicatori che garantiscono nuova occupazione e maggiori entrate fiscali. I problemi dell’Inps si possono risolvere solo riportando a lavorare circa 6 milioni di disoccupati, dei quali quasi 3 milioni sono inattivi scoraggiati. Con le maggiori entrate fiscali e contributive che ne derivano possiamo superare senza problemi le rigidità della Legge Fornero“.
Il problema sarà convincere il ministro delle Finanze Giovanni Tria, che sembra uno dei ministri più pragmatici e realisti del governo giallo-verde. Secondo Conte “è stato proprio il ministro a porre pubblicamente la questione degli investimenti pubblici” e la strategia del professore Tria “è esattamente quella del governo: rilanciare gli investimenti soprattutto nei settori strategici e ad alto moltiplicatore occupazionale, così da guadagnare i margini fiscali per finanziare anche le altre misure decisive”.
In risposta alla domanda del giornalista Andrea Malaguti sull’impellenza di mettere in atto le manovre pilastro del programma di governo come la flat tax e il reddito di cittadinanza, che poi è un reddito minimo garantito ai disoccupati, Conte – che si è auto definito “l’avvocato del popolo” – ha detto che bisognerà procedere spediti su entrambi i fronti per poter soddisfare le richieste degli italiani.
“Il nostro sistema socio-economico ha bisogno di entrambe le riforme. Il reddito di cittadinanza, che non è una misura assistenziale, è una vera e propria manovra economica per recuperare persone che rimangono esiliate dal circuito lavorativo, che consente di restituire la dignità a chi l’ha persa e di rilanciare i consumi“.
Quanto alla flat tax, che poi è una dual tax con doppia aliquota, il premier la ritiene una “iniziativa di ampia portata, che condurrà alla semplificazione della nostra normativa fiscale, vecchia di alcuni decenni. Abbiamo anche l’occasione per riformulare integralmente i rapporti tra cittadini e Amministrazione finanziaria, in modo da azzerare le pendenze in corso e riavviare rapporti più trasparenti, corretti e virtuosi”. In questo contesto, sarà importante dare il segno di una lotta all’evasione ben più rigorosa di quanto è stato fatto in passato, ma sul presupposto di un fisco più leggero e amico”.
Interessi NATO vengono prima di quelli russi
Siccome l’intervista si è svolta a poco più di un giorno di distanza dal vertice della NATO e dal primo incontro faccia a faccia di Conte con Putin e Donald Trump, Malaguti non poteva non chiedere al premier quale sarà la posizione dell’Italia di fronte alle richieste che il presidente americano Trump farà agli alleati perché rispettino il patto che prevede l’investimento del il 2% Pil per la difesa comune entro il 2024.
“L’Italia farà valere il suo significativo apporto all’Alleanza Atlantica. Rivendicherò, in particolare, il nostro articolato e variegato apporto, che non contempla solo il sostegno finanziario, ma anche altre forme contributive, che sono previste dal Pledge. Di certo non più soldati, perché già adesso risultiamo tra gli alleati più virtuosi quanto a consistenza ed efficacia delle varie forme di contribuzione”.
Alla domanda sull’alleato principale dell’Italia tra Stati Uniti e Russia, Conte ha confermato che “i nostri alleati tradizionali sono gli americani. Con i russi intendiamo coltivare un dialogo che appare funzionale alla risoluzione delle più delicate e complesse crisi geo-politiche del pianeta. L’attuale sistema sanzionatorio non risolve i problemi, anche se ci rendiamo conto che non può essere eliminato dall’oggi al domani. Bisogna peraltro evitare che le sanzioni possano colpire la società civile russa e producano ripercussioni negative sulle nostre imprese“.
“Il faro della nostra politica estera è e deve rimanere il nostro interesse nazionale. Quanto ai punti di riferimento, ne abbiamo alcuni e sono sempre gli stessi: la Nato e gli Stati Uniti, nostro tradizionale alleato, l’Unione europea e gli organismi internazionali a partire dall’Onu”.
Al centro del colloquio a due con Trump ci saranno “sicuramente” i temi caldi della guerra a colpi di dazi e delll’immigrazione e si presenterà “la possibilità di intensificare le relazioni commerciali, in modo da creare ulteriori occasioni reciproche”.