«Il vero nocciolo della riforma non è stato affrontato, ovvero il conflitto di interessi che è uno dei mali peggiori del capitalismo di questo periodo… D’altro canto le prime impressioni sono sconfortanti e inducono alla sensazione che più che di una riforma si tratti di una pericolosa quanto squilibrata controriforma…
La costruzione del sistema delle responsabilità è cominciata nel modo peggiore con quella che è stata ironicamente definita la riforma bagatellare dei reati societari, con la quale ogni funzione deterrente delle norme penali societarie è stata definitivamente abbandonata».
Sono soltanto alcuni stralci della relazione di 17 pagine che il professore Guido Rossi ha letto al convegno di Courmayeur su «La riforma del diritto societario nel quadro comunitario e internazionale».
Fendenti dolorosissimi, che hanno fatto stizzire il sottosegretario alla giustizia Michele Vietti ma che avrebbero dovuto irretire il presidente del consiglio e alcuni amici di Mediobanca, veri destinatari di quelle critiche.
Il governo Berlusconi e i consiglieri del principe, con una tecnica ormai sperimentata, speravano che la «controriforma» del diritto societario, passasse sotto silenzio, trasformando così la vecchia legislazione in un vestitino confenzionato per Palazzo Chigi e la sua filosofia societaria.
E invece quel dispettoso di Guido Rossi ha voluto svelarne le debolezze e soprattutto le cattive intenzioni. Prima con un commento sulla prima pagina del Corriere della Sera, poi con una relazione che Michele Vietti non ha potuto o voluto ascoltare per impegni di governo proprio sulla cosiddetta riforma.
I punti messi a nudo da Guido Rossi sono tanti e complessi ma ciò che emerge è proprio una critica alla filosofia aziendale del cavaliere e a quei signori del capitalismo italiano che non hanno mai creduto a tutte quelle fandonie della trasparenza.
Il riferimento «all’abbandono delle norme penali societarie come funzione deterrente» calza a pennello con la volontà dei consiglieri di Berlusconi di cancellare tutto ciò che potrebbe costituire forme di controllo degli amministratori e risvolti penali.
«Appare – si legge nella relazione – una lacuna grave quella della mancata introduzione di una responsabilità a carico degli amministratori di fatto… Un altro profilo che avrebbe certamente meritato qualche ulteriore meditazione è quello della responsabilità per la gestione della società in caso di insolvenza o pre-insolvenza».
Il timore che anche in Italia si possano verificare casi simili a quello di Enron è evidente ma probabilmente i consiglieri di Palazzo Chigi pensano che per eliminare gli scandali basti annacquare le leggi che li puniscono.
«Del resto – conclude Guido Rossi con un fendente finale – la sostanziale scomparsa dei reati di falso in bilancio e nelle comunicazioni sociali è prova inequivocabile del fatto che nella versione nazionale del concetto di modernità, l’idea dell’informazione societaria come valore è considerata del tutto superata».
Al convegno di Courmayeur è intervenuto tra gli altri anche l’avvocato Franzo Grande Steven (uno dei collaboratori piu’ stretti della Fiat, ndr) che ha proposto un rinvio della legge: «E’ auspicabile – ha osservato l’avvocato – che il governo faccia una leggina per prorogare la legge-delega almeno fino a giugno, in quanto si sono verificate e si stanno verificando nel mondo nuove situazioni delle quali si deve assolutamente tenere conto».
L’avvocato Franzo Grande Steven si fa delle pie illusioni: i colonelli di Berlusconi hanno l’ordine perentorio di continuare imperterriti nell’opera demolitrice delle vecchie leggi e nella costruzione di una legislazione a misura d’Uomo. E andranno fino in fondo.
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