La Casa Bianca, il Pentagono, Manhattan. Sono alcuni dei 15 target della Corea del Nord in caso di un’offensiva nucleare contro gli Stati Uniti. L’elenco, redatto dall’European Council on Foreign Relations comprende anche altri bersagli potenziali, tra cui Guam, le Hawaii, le basi militari degli Stati Uniti nel Pacifico.
Un mix di obiettivi,
“perché la Corea del Nord non distingue tra l’uso di armi nucleare contro obiettivi militari e l’utilizzo contro i civili”.
E se gli Stati Uniti sono in cima alla lista, tra gli altri obiettivi potenziali spiccano le basi Usa nel Pacifico, Guam, i siti nel teatro sudcoreano, Seul, tre località nipponiche (Yosuka, Misawa, Okinawa) e il territorio giapponese nel suo complesso.
L’ECFR e molti altri analisti sostengono comunque che la strategia di Kim Jong-un contempla l’uso dell’atomica in chiave difensiva. Pyongyang, se colpita per prima, con ogni probabilità non avrebbe alcuna chance di reagire. Ecco perché l’arma più efficace in mano a Kim è la costante “minaccia di colpire per primo”.
Se la comunità internazionale vuole evitare una guerra – si legge nel report – “deve comprendere come il regime considera le sue armi nucleari e quando sarebbe disposto ad usarle”.
I ricercatori hanno infine evidenziato che Kim Jong-un non prenderà mai in considerazione l’ipotesi di smantellare l’arsenale nucleare.