Un altro test nucleare, il quinto, il più potente, è stato portato a termine ieri notte in Corea del Nord. L’esperimento, secondo i media nordcoreani, testimonia come il Paese sia ora in grado di montare piccole testate nucleari sopra missili balistici; fatto che, se confermato, allargherebbe il raggio d’azione e di minaccia nucleare della repubblica socialista. In seguito alla detonazione è stata rilevata una scossa sismica di magnitudo 5.3, in grado di dare l’idea della potenza dell’ultimo test.
Le reazioni dell’alleanza dei Paesi vicini, Corea del Sud e Giappone, insieme con gli Stati Uniti, sono state di forte condanna, e, in questo caso, hanno delineato con maggior forza che Pyongyang si sta seriamente avvicinando al limite. E, fonti militari di Seoul, hanno riferito che il test nucleare effettuato oggi dalla Corea del Nord “è il più potente fino ad ora, poco meno forte dell’esplosione della bomba atomica su Hiroshima”. L’agenzia meteorologica sudcoreana ha precisato infatti che la potenza è stata a “10 kilotoni, quella di Hiroshima a 15”.
Un portavoce della Casa Bianca ha annunciato “gravi conseguenze”, mentre il presidente sudcoreano, Park Geun Hye, ha parlato di un atto “d’incoscienza maniacale” che potrebbe portare la Corea del Nord all’autodistruzione.
Anche la Cina, unico alleato di Pyongyang, ha intimato il vicino a interrompere i suoi piani di espansione nucleare.
Quello che gli osservatori ora attendono, dopo un 2016 mai così attivo da parte della dittatura comunista per quanto riguarda il numero dei test atomici, è di vedere se, alle manifeste intolleranze dei vicini si passerà all’azione contro la Corea del Nord e in che modo.
Un primo segnale concreto che gli Stati Uniti e la Corea del Sud prevedono di mettere in pratica è il sistema di difesa missilistica, noto come Thaad, che sarà installato sul territorio sudcoreano come fattore deterrente per Pyongyang.
Una mossa che però non è stata risparmiata dalle critiche della Russia e della Cina, che ne temono un possibile utilizzo anche a loro stesso danno.
Alle critiche del presidente cinese Xi Jinping, Barack Obama aveva risposto che non è possibile “avere una situazione nella quale si è incapaci di difendere noi stessi o i nostri alleati contro comportamenti sempre più provocatori”.