Quando si verifica una recessione le retribuzioni ne risentono, ma non tutte allo stesso modo: le più esposte ai ribassi sono quelle dei soggetti giovani, sotto i 35 anni, specie se maschi e impiegati presso una società di piccole dimensioni.
E’ quanto emerge dall’analisi compiuta dagli economisti Nicholas Bloom, Jack Blundell, Luigi Pistaferri (tutti dell’università di Stanford) e da Brian Bell (King’s Business School, Londra). I quattro studiosi hanno pubblicato sul portale accademico VoxEu un’anticipazione tratta da un loro studio in lavorazione nel quale vengono calcolate le riduzioni degli stipendi osservate in seguito ad una determinata caduta del Pil. I risultati possono aiutarci ad anticipare quanto accadrà alle retribuzioni in seguito alla recessione che sicuramente la crisi-coronavirus porterà con sé.
L’impatto sugli stipendi
L’analisi si basa sulle retribuzioni di oltre 400mila lavoratori britannici in un periodo compreso fra il 1975 e il 2016; secondo gli autori questo campione può offrire spunti validi non solo per il Regno Unito, ma anche per gli altri paesi.
Gli studiosi prevedono per l’anno in corso un crollo del pil nominale pari al 10%: questo impatto si tradurrebbe in crollo reale (al netto dell’inflazione) delle retribuzioni orarie del 3,5% circa.
“Sarebbe uno choc significativo per i redditi delle famiglie, tuttavia, questo calo è distribuito in modo disomogeneo fra le differenti categorie di lavoratori”, scrivono i quattro economisti.
“Nel grafico 1 (in basso) tracciamo le variazioni stimate delle entrate settimanali per fasce di età e dimensioni dell’azienda. C’è un chiaro profilo di età nelle reazioni agli utili alle variazioni del Pil. I guadagni dei lavoratori con meno di 35 anni sono i più sensibili”, scrivono gli autori.
“Per questi giovani lavoratori, in media un calo del 10% del Pil nominale corrisponde a un calo del 3,8% dei guadagni settimanali reali”, mentre “per quelli di età compresa tra 45 e 55 anni, la caduta è del 3%”.
“Ancora più preoccupante per i lavoratori più giovani”, aggiungono gli economisti, “è la notevole letteratura scientifica che dimostra come l’ingresso nel mercato del lavoro in una recessione abbia conseguenze per tutta la vita” in termini di retribuzione.
Il “colpo” per chi lavora in una piccola azienda
Le notizie peggiori sono in arrivo per i giovani lavoratori impiegati presso società di piccole dimensioni: per questa categoria l’impatto sullo stipendio di un calo del Pil nominale del 10% arriva al 6,7%. Un dato che si confronta, sul versante opposto, con il -1,4% cui dovrebbe rinunciare un lavoratore più anziano impiegato in una grossa azienda.
Pertanto, la crisi è destinata ad allargare le disparità, già presenti, che dividono le retribuzioni dei lavoratori delle piccole società da quelle dei loro omologhi impiegati in grandi aziende.
Le differenze fra uomini e donne
In passato le recessioni hanno colpito soprattutto i settori ad elevata presenza maschile, con il risultato di colpire più duramente i redditi degli uomini piuttosto che quelli delle donne.
In particolare, un calo del 10% del Pil nominale ha ridotto la retribuzione maschile del 4,6% contro il -2,1% subito da quella femminile. Nel caso della crisi-coronavirus, tuttavia, potrebbe esserci un equilibrio diverso: gli autori hanno sottolineato, infatti, che fra i settori più colpiti dalla Covid-19 ve ne sono molti ad alta concentrazione di lavoro femminile, come il turismo.
In passato, invece, a subire le conseguenze peggiori erano settori ad alta presenza di lavoratori, come quello finanziario o manifatturiero.