L’andamento dei contagi da coronavirus in Italia continua ad invitare alla massima prudenza, nonostante sia stata ormai delineata l’uscita del Paese dal lockdown, con l’avvio della cosiddetta fase 2. E’ questa la posizione espressa dalla fondazione non profit Gimbe, specializzata informazione scientifica e sanità. “Il monitoraggio indipendente della Fondazione Gimbe sulle variazioni settimanali documenta un trend in ulteriore miglioramento sul versante ospedaliero, in particolare sulle terapie intensive, ma non ancora sul numero di contagi e decessi”, ha commentato il presidente della fondazione, Nino Cartabellotta.
Nella settimana 15-22 aprile i dati sull’andamento dell’epidemia in Italia sono i seguenti:
- Casi totali: +22.172 (+13,4%)
- Decessi: +3.340 (+15,9%)
- Ricoverati con sintomi: -3.838 (-13,9%)
- Terapia intensiva: -695 (- 22,6%)
Nel grafico in basso il numero di nuovi casi giornalieri al 22 aprile.
Secondo la Gimbe questi dati indicano che la stabilizzazione dei contagi non è ancora avvenuta e, coerentemente con le linee guida della Commissione europea, non ci sarebbero gli spazi per ridurre le misure anti-contagio. Secondo la Commissione infatti, è “fondamentale ridurre e stabilizzare il numero di ricoveri e/o dei nuovi casi per un periodo di tempo prolungato”, a 10 giorni dall’avvio della fase 2: secondo la Gimbe il numero dei nuovi casi in Italia rimane elevato e non ha affatto raggiunto nessuna stabilizzazione prolungata.
“Se il parametro per la, seppur graduale, riapertura è il decongestionamento di ospedali e terapie intensive siamo quasi pronti; ma se non vogliamo rischiare una nuova impennata dei casi i numeri impongono la massima prudenza, sia perché alcune Regioni e numerose Province sono ancora in piena fase 1, sia perché gli eventuali effetti negativi della riapertura si vedranno solo dopo 2-3 settimane”, ha concluso Cartabellotta.