di Giuseppe Rodio – Londra
Si potrebbero fare molte riflessioni su quelli che vengono definiti i “drivers”, i temi che stanno “guidando” i mercati di questi tempi…o quali saranno le dinamiche di lungo termine che andranno a formarsi nei prossimi anni.
Si potrebbe parlare del coronavirus, e di come le inquietanti notizie dello scorso weekend, inerenti nuovi fronti di contagio in Corea, Italia e Medio Oriente, abbiano di colpo svegliato un mercato azionario che, sino alla scorsa settimana, proseguiva spedito, cullandosi nella sua compiacenza. Risultato, un crollo del 5,43% dell’indice FTSE MIB e una resurrezione di volatilità nei mercati globali, che iniziano a scontare possibilità di danni economici di gran lunga più profondi rispetto a quanto grossolanamente previsto in prima battuta.
Piuttosto, però, preferisco soffermarmi su qualcosa che muove i mercati in maniera meno evidente e forse in alcuni casi più subdola. Percezioni…e nello specifico la percezione che i mercati internazionali hanno dell’Italia, come Paese ma soprattutto come territorio di investimento.
Noi italiani tendiamo a mantenere una bizzarra attitudine dualistica. Da una parte, e per certi aspetti, percepiamo il nostro Paese come il centro del mondo, forse con un senso di repressa nostalgia o arroganza storica, dato che effettivamente per molti secoli lo siamo stati…ma oggi, di certo, non lo siamo più (fatta qualche dovuta eccezione).
Dall’altra però, tendiamo a lamentarci e a guardare all’estero con ammirazione, sognando di Paesi in cui le cose funzionino meglio e, per rimanere in ambito finanziario, dove si hanno maggiori opportunità di investimento, con prospettive di profitti più alti.
Mi madre mi dice spesso: “conosco il meglio, e al peggior m’appiglio”. Ed è proprio questa la riflessione che desiro fare sulla situazione dell’Italia in questo momento particolarmente delicato.
Chi si lamenta ha ovviamente ragione. I problemi storici alla radice, la burocrazia esasperata, le inefficienze del settore pubblico, gli sprechi, l’eccessiva tassazione (conseguenza inevitabile dei punti precedenti), sono problemi che purtroppo si riflettono anche in ambito di investimenti.
Cercare di mettere a frutto i propri risparmi può pertanto diventare faticoso, dovendoci confrontare con regolamentazioni eccessive, tasse elevate e strutture operative spesso inutilmente complicate.
Di contro, tuttavia, quanto credete possa aver fruttato un investimento “passivo” nel mercato azionario italiano, rispetto a quello inglese o tedesco, nel corso dell’ultimo anno?
FTSE MIB: 14,73%
DAX: 13,30%
FTSE 100: -0,37%
I dati provvenienti da Deutsche borse ed LSE, aggiornati al – 24 febbraio 2020, incluso il bagno di sangue causato del panico da epidemia. Oppure, in che condizioni si trovano le grandi banche italiane, rispetto a quelle tedesche o inglesi?
E quante altre opportunità di investimento in società eccellenti, che competono a testa alta nei mercati internazionali, credete vi possa offrire il nostro mercato locale? A partire dai colossi industriali, sino alle tante piccole e medie imprese, realtà dinamiche che continuano ad emergere ed offrire possibilità di crescita eccezionali.
Ebbene, questo stesso dualismo si ritrova anche nella percezione che i mercati e gli investitori internazionali hanno dell’Italia. Ultra burocratica, politicamente instabile e spesso sprecona, ma anche eccellente territorio di ricerca per generare “yield”, rendimenti, risultati.
La qualità ed il valore intrinseco di numerosissime aziende italiane sono ineccepibili, mai messe in discussione. La stabilità del contesto locale, purtroppo, lo è…soprattutto rispetto al settore pubblico, la montagna di debito da esso generato in passato e, di conseguenza, la scena politica.
Al minimo segno di instabilità, i mercati puniscono l’Italia. D’altra parte però, e come si è verificato a partire dalla scorsa estate, un ridimensionamento dei moti populistici (considerati come forieri di disordine) e un governo almeno relativamente stabile, sono considerati come segnali incoraggianti, terreno più fertile per liberare l’immenso potenziale di valore che il sistema economico del Paese è in grado di generare.
Alla luce di ciò, quindi, sta a noi…e nonostante si tenda spesso ad enfatizzare le debolezze piuttosto che i tangibili punti di forza, la realtà dei fatti è che in questo momento il bicchiere dell’Italia e’ decisamente mezzo pieno…sta a noi rimboccarci le maniche, e riempire l’altra meta’!
Sembra, per esempio, che lo stato (attraverso la banca nazionale delle terre agricole) abbia intrapreso un programma in base al quale ampie proprietà terriere rimaste abbandonate da anni, vengono ora cedute a prezzi vantaggiosi, con il fine di rivalutarle e renderle produttive.
Benissimo…è arrivato il momento di zappare