Schiaffo all’Italia di Matteo Renzi e soprattutto a quelle banche italiane, come Mps, che sperano in una iniezione di fondi pubblici dallo Stato per riuscire a sopravvivere e per allinearsi ai parametri di capitale stabiliti dalla BCE di Mario Draghi.
La Corte europea di Giustizia ha dato ragione all’Unione europea e al bail-in, lo schema di salvataggio delle banche secondo cui devono essere i creditori – e non come nel caso del bail-out i contribuenti – ad accollarsi l’onere di condivisione delle perdite.
Una brutta notizia per l’Italia, che invece chiede proprio il ritorno al bail-out – o per lo meno deroghe al bail-in – con l’utilizzo dei fondi pubblici, in modo da poter rimpolpare il capitale di diversi istituti, soprattutto della banca senese Mps.
La notizia è ancora più sconfortante se si considera che la decisione della Corte di Giustizia è vincolante e inappellabile.
Nello specifico, la Corte europea ha risposto così alla causa che le era stata presentata da un gruppo di detentori di bond junior, intenzionati a essere risarciti dalle perdite subite con la decisione della Slovenia, nel dicembre del 2013, di ricapitalizzare le sue principali banche controllate dallo Stato con 3,2 miliardi di euro versati dai contribuenti. Con il salvataggio, la Slovenia aveva anche azzerato obbligazioni subordinate per un valore di 600 milioni di euro, a discapito dei risparmiatori.
La Slovenia aveva espressamente chiesto alla corte di giustizia Ue di pronunciarsi sulla validità delle norme contenute nella Comunicazione sulle banche, del 2013, da parte della Commissione Ue. Il sospetto era un abuso di poteri da parte della Commissione europea, che attraverso una semplice comunicazione avrebbe potuto legiferare sulle stesse questioni interne agli stati.
Ma la Corte considera di fatto legittimo l’intervento della Commissione, fermo restando che quest’ultima deve comunque valutare i progetti che arrivano dagli stati membri dell’Ue.
Così la Corte Ue di Giustizia:
“La condivisione degli oneri da parte degli azionisti e dei creditori di obbligazioni subordinate come pre-requisito di una autorizzazione, da parte della Commissione (Ue), per erogare aiuti di Stato a una banca con problemi di capitale non è contraria alla legge Ue”.
E ciò significa che, prima di pensare a qualsiasi forma di salvataggio esterno, o bail-out, a pagare devono essere i risparmiatori: nell’ordine, in base alle regole del bail-in.
- azionisti
- detentori di obbligazioni subordinate
- correntisti con conti di un valore superiore ai 100.000 euro.
Uno schiaffo che rende ancora più traballante la poltrona di Renzi, dal momento che il premier punta al consenso degli elettori soprattutto in vista del referendum costituzionale.
Tornando al caso della Slovenia, ai risparmiatori che hanno visto vaporizzati quei bond subordinati da 600 milioni di euro, non sarà restituito dunque nulla.
Tuttavia una speranza c’è ed è nelle stesse regole del bail-in che, nel testo, implicano anche una deroga nel momento in cui l’imposizione del bail-in dovesse “mettere in pericolo la stabilità finanziaria o provocare risultati sproporzionati”.
Ciò significa che, se non si dimostrerà che i problemi delle banche italiane sono insormontabili, la Ue non darà il via libera all’uso di fondi pubblici. E diversi detentori di obbligazioni subordinate emesse da banche, potranno fare la stessa fine dei risparmiatori che avevano sottoscritto bond di Banca Marche, Banca Etruria, CariChieti e CariFerrara.
Immediata la reazione dei titoli bancari a Piazza Affari: Unicredit -2,97%, Mps -4,64%, Bper -5,32%, BPM -4,97%, BP -3,98%, Intesa SanPaolo -2,79%.