NEW YORK (WSI) – Cosa le banche italiane possono imparare dalle rivali spagnoli? In Spagna e’ dallo scoppio della crisi finanziaria del 2006 che i prestiti a rischio insolvenza aumentano progressivamente. La bolla immobiliare ha peggiorato ancora le cose.
In Italia va un po’ meglio, proprio per il fatto che le societa’ del credito non hanno dovuto fare i conti con una crisi dei prestiti delle case, ma come sottolinea JP Morgan, “la forte crescita della disoccupazione da meta’ 2011 ha provocato un’accelerazione anche da noi”. E questo fenomeno, come gia’ osservato in un report da BofA Merrill Lynch, e’ un problema insostenibile.
Quello che dovrebbe far preoccupare il governo Letta che si sta per insediare, e’ che, per lo meno guardando ai dati, a parte i tempi differenti, l’Italia sembra essere nella stessa situazione. Dovrebbe pertanto prendere esempio da quanto accaduto nella vicina penisola iberica.
L’incremento del numero dei prestiti a rischio insolvenza riscontrato negli ultimi due anni in Spagna va ascritto in gran parte all’aggravarsi della recessione e all’esacerbarsi della crisi occupazionale. In Italia il tasso di disoccupazione ha iniziato a salire con decisione solo un anno fa.
L’andamento che terranno i prestiti a rischio e’ prevedibile se si pensa che le banche italiano faranno la stessa fine di quelle spagnole. Ma allora, si chiedono gli analisti di JP Morgan, perche’ gli spread non si stanno ampliando?
La risposta e’ nella percentuale dei prestiti tossici presenti nella pancia delle banche spagnola e italiane (vedi grafico a fianco). In Spagna tutto e’ iniziato molto prima, piu’ di due anni in anticipo, nel 2006. La data di partenza per l’Italia e’ dicembre 2008. La quota e’ in netta crescita
Manovre politiche apprezzate, risanamento dei conti e miglioramento degli utili delle banche? Niente affatto: gli spread sono stati tenuti sotto controllo per una ragione molto semplice e matematica.
In paesi come Francia, Italia e Spagna marzo ha segnato il mese con il flusso di depositi in ingresso piu’ alto dell’anno, con rispettivamente 16 miliardi, 15 miliardi e 11 miliardi di euro.
In teoria, questi fondi dovrebbero alimentare la liquidita’ che le banche periferiche dovranno usare per restituire i prestiti ottenuti a tassi favorevoli dalla Bce, nell’ambito del programma Ltro salva stati ‘cicala’ di Draghi.
[ARTICLEIMAGE] Tuttavia, pare che queste somme di denaro in entrata vadano invece a confluire nei mercati obbligazionari dei governi. Sia le banche iberiche sia quelle nostrane, infatti, hanno comprato immense quantita’ di titoli pubblici nazionali in marzo (€16 miliardi e €11 miliardi).
Per i due stati fortemente indebitati, il numero di Btp e Bonos acquistati nel primo trimestre e’ stato pari a 30 miliardi di euro. Sempre nello stesso periodo, gli istituti di credito francesi hannno accumulato 16 miliardi di bond governativi del proprio stato.