Un’eventuale vittoria di Trump porterebbe maggiori scontri geopolitici, con un’ulteriore escalation nei rapporti con la Cina, un indebolimento della NATO e un aumento del protezionismo globale.
Così emerge dall'”Ubs Annual Reserve Manager Survey”, l’annuale sondaggio condotto da UBS Asset Management tra 40 banche centrali a livello globale e che rappresenta uno dei momenti più attesi da parte dei gestori delle riserve delle banche centrali e dei sovereign wealth funds che gestiscono asset per oltre 15.000 miliardi di dollari USD (circa metà delle riserve globali).
Sul fronte economico, si prevede che se Trump vincesse, i tassi d’interesse diminuirebbero, i livelli di deficit pubblico aumenterebbero così come i prezzi delle azioni. Ma non solo elezioni Usa. La survey si concentra anche su tanti altri argomenti che spaziano dalle valute all’asset allocation.
Non solo geopolitica: ecco qual è l’altro rischio principale
Come l’anno scorso, la geopolitica rimane il rischio principale, ma la sostenibilità del debito pubblico è una preoccupazione crescente si legge nella survey. Il cambiamento climatico e la stabilità finanziaria generale non sono percepiti come grandi preoccupazioni e quasi tutti gli intervistati ritengono che il mondo si stia frammentando e che si stia passando a un sistema multipolare.
La metà degli intervistati ritiene che il conflitto tra Russia e Ucraina terminerà solo dopo il 2026, ma la stragrande maggioranza ritiene che non ci sarà un confronto diretto tra la NATO e la Russia nei prossimi cinque anni. Crescono i timori per l’utilizzo delle riserve valutarie come un’arma (weaponization).
Su quali asset class puntare
Dopo la pausa del 2021-23 è ripresa la tendenza a una maggiore diversificazione delle riserve. I gestori delle riserve rimangono ben diversificati tra i mercati pubblici. Le obbligazioni, compresi i titoli di Stato e in particolare i Green Bond, sono le asset class che i gestori delle riserve vogliono detenere in misura maggiore in futuro, seguite da azioni e oro.
Il dollaro USA continua a essere richiesto e non vi sono segnali visibili di un indebolimento della sua posizione dominante nelle riserve valutarie. Quasi la metà degli intervistati ritiene che il passaggio a un sistema multipolare non influirà sulla posizione dominante del dollaro nell’architettura finanziaria globale. Le allocazioni verso il renminbi sono rimaste stagnanti nel 2023/24 e l’allocazione media nella valuta cinese è scesa a circa il 5%. In termini di allocazioni valutarie future, l’Euro sembra essere più richiesto, seguito da USD, RMB e Yen.
Banche centrali ottimiste su prospettive economico-finanziarie
Le banche centrali sono positive sulle prospettive globali. Due terzi (66%) degli intervistati vedono un atterraggio morbido come lo scenario più probabile (solo l’11% ritiene che gli Stati Uniti subiranno una recessione). Il 71% prevede che l’inflazione headline statunitense si collochi in una fascia del 2-3% nel 2025. Nessun partecipante prevede che essa sia superiore al 4% o inferiore all’1%. Oltre la metà degli intervistati prevede che i tassi di policy della Fed si collocheranno tra il 3% e il 4% nel 2025.
Infine, il 67% degli intervistati ha indicato che le istituzioni di Bretton Woods rischiano di diventare obsolete senza riforme. Solo un terzo (33%) ritiene che l’attuale architettura finanziaria internazionale sia sufficientemente resistente per sopravvivere alle sfide attuali senza riforme. Le riforme dovrebbero concentrarsi sul futuro della cooperazione multilaterale in un mondo frammentato. Un’ampia maggioranza ritiene che le tecnologie dirompenti come i beni digitali e l’ascesa di nuove potenze economiche offrano più opportunità che sfide.