La gestione delle due grandi crisi europee, quella dell’euro e quella dei migranti, hanno visto nella cancelliera tedesca Angela Merkel una grande protagonista; ma le soluzioni che si sono fatte strada hanno acuito le divisioni in seno all’Unione Europea. E’ questa, in sintesi, la tesi di un editoriale della testata americana Politico, nel qual si sostiene che Merkel abbia “spinto più che mai il continente più vicino al limite”. E questo, nonostante il fatto che adesso tutti i commentatori (tedeschi e non) vedano in lei la figura chiave per salvare l’integrità dell’Ue.
“Angela Merkel si è destreggiata in questa situazione”, ha detto Timo Lochocki, del think-tank German Marshall Fund, “le sue azioni nella zona euro e sulle le crisi dei rifugiati hanno irritato molti alleati europei di cui ora ha bisogno. E il conflitto irrisolto sui migranti ha alienato l’ala conservatrice del suo stesso partito, in primis la Csu”.
Sulla questione della crisi dell’euro “l’insistenza di Berlino”, scrive Politico, ha imposto a Grecia e Italia “una dura austerità alle loro popolazioni – quali che siano i meriti a lungo termine di tali politiche – e ha esacerbato il divario economico all’interno dell’Eurozona e aumentato il risentimento della potenza economica tedesca”.
Il fronte migratorio, invece, ha visto uno snodo fondamentale nella politica tedesca delle porte aperte del 2015 la quale avrebbe avuto influenza anche altrove: “Durante la campagna referendaria britannica sull’Ue nel 2016, gli attivisti della Brexit hanno usato immagini di rifugiati in Germania come esempio di tutto ciò che era andato storto in Europa”. Più in generale, nota Politico, “mentre la Germania lottava per far fronte all’afflusso di migranti, Merkel, che ha goduto a lungo di un sostegno universale, è diventata una figura polarizzante nel Paese”. Arrivati a questo punto, il compito di correggere il tiro, con le elezioni europee che incombono il prossimo anno, ha poco tempo a disposizione, mentre cresce in Europa una rinnovata esigenza di primazie nazionali.