“Senza l’euro l’Italia sarebbe cresciuta di più negli ultimi 20 anni. Qualcosa è andato storto”: quanto confessato da Carlo Cottarelli sarebbe stato un tabù fino a non molti anni fa.
L’ex responsabile alla revisione della spesa, in un’intervista rilasciata a Italia Oggi, non nasconde come la moneta unica abbia avuto un ruolo nell’evoluzione dell’economia italiana: ma la responsabilità sui risultati, una volta entrati nell’euro, sarebbe da imputare ai governi che non hanno operato da subito verso il contenimento salariale che avrebbe permesso di conservare competitività nei confronti dei partner. Così Cottarelli:
“L’ha detta giusta l’ex governatore di Bankitalia, Antonio Fazio, nel maggio del ’98: l’euro potrà portare benefici, crescita, stabilità monetaria, bassa inflazione. O disoccupazione e mancanza di crescita. Tutto dipenderà da due cose: le politiche salariali e di finanza pubblica”, ha dichiarato Cottarelli, secondo il quale le ragioni dell’insuccesso italiano sono da attribuire a tre fattori:
“l’abitudine ad avere aumenti di prezzi, salari e stipendi più alti che in Germania; il calo dei tassi di interesse dopo l’ingresso nell’euro, che ha messo sotto pressione domanda e prezzi; infine, cosa grave, una politica dei conti pubblici iper espansiva, tra il 2000 e il 2006”. In quest’ultima fase politica, sarebbero stati offerti “aumenti molto forti degli stipendi dei dipendenti pubblici, che hanno trainato quelli dei privati. Lì abbiamo perso competitività”.
All’interno dell’unione valutaria le rispettive dinamiche dell’inflazione influenzano direttamente la competitività, in assenza di aggiustamenti del cambio: se i prezzi in Italia crescono più velocemente che in Germania, magari come conseguenza di una politica a favore della crescita dei redditi e della domanda interna, ne risente la competitività sul mercato estero.
Secondo Cottarelli, questo è stato l’errore dei primi anni dell’Italia all’interno dell’Eurozona, ma “oggi abbiamo un’inflazione più bassa della Germania e stiamo recuperando”, al contrario, “nel 2007 c’era un divario tra costi del lavoro di Italia e Germania di 30 punti. Oggi è di 20”.
Cottarelli si unisce poi al coro degli economisti che in qualche modo accusano Berlino di aver approfittato della situazione: “Il consumo interno tedesco potrebbe essere più alto se l’avanzo [del bilancio pubblico] fosse più basso. Se Berlino spendesse un po’ di più nei conti pubblici, avesse un avanzo più basso o, addirittura un deficit (richiesto dalle sue stesse regole), l’Europa starebbe meglio. E la Germania pure”.