Mentre entra nel vivo la Fase 2 con la riapertura di negozi, parrucchieri, bar e ristoranti, a Milano torna a salire il tasso di contagio del coronavirus.
Ad accendere la spia rossa è il cosiddetto indice R(t), che rivela il numero di persone che in media vengono infettate da ogni caso positivo.
In base ai dati diffusi ieri, al 21 maggio a Milano l’indicatore ha toccato quota 0,86. Un livello in rialzo rispetto ai minimi dell’11 maggio (poco sopra lo 0,6), nonché il più alto nella fase 2.
Se è vero sotto quota 1, l’epidemia viene considerata sotto controllo (in piena emergenza coronavirus quel valore era praticamente fermo tra il 3 e il 4 ) il fatto che l’ R(t) stia, seppure lentamente salendo, inizia creare una certa preoccupazione su Milano.
Soprattutto se il valore dovesse continuare a salire, superando nuovamente la soglia dell’1 sarebbe necessario ripristinare le misure di contenimento, tornando a chiudere tutto.
“Nell’andamento degli ultimi giorni – ha spiegato Antonio Russo, epidemiologo dell’Ats di Milano al Corriere della Sera- iniziano a vedersi i primi segnali di quel che sta accadendo dopo la fine del lockdown. Ma non solo”.
Russo ha assicurato le autorità sanitarie milanesi stanno testando “tutti i contatti dei malati e le persone che erano in quarantena”. In particolare si stanno rivelando utili i test sierologici: le persone che risultano positive vengono sottoposte subito al tampone ed è emerso che finora, tra tutte le persone sottoposte a questo doppio controllo, il 10% aveva la malattia in corso. “Quello che è accaduto non può essere dimenticato. Milano non può permettersi di abbassare la guardia“, ha concluso Russo.