Come combattere il Coronavirus è la domanda che si pone la comunità scientifica oggi a cui tenta di dare risposte utilizzando dapprima l’esperienza cinese e poi quella italiana, con i contribuiti delle prime autopsie fatte durante le tante emergenze vissute.
Le informazioni arrivate dai medici hanno descritto un preciso decorso della malattia in 3 fasi distinte:
una fase “Virale” iniziale, durante la quale il virus si moltiplica nelle cellule dell’ospite e che crea diversi sintomi come malessere generale, febbre e tosse;
una fase “mista” in cui la malattia si sta diffondendo causando diverse conseguenze a livello polmonare;
una terza fase “infiammatoria” che può evolvere verso una situazione grave dominata da una violenta infiammazione immunitaria dovuta alle molte citochine pro-infiammatorie prodotte dal paziente stesso (per questo definita tempesta citochinica), che determina le conseguenze più pericolose.
In attesa di farmaci specifici antivirali che saranno la vera cura per Covid-19, Motore Sanità ha stilato una breve sintesi di esperienze empiriche emerse dalla pratica clinica internazionale, sulle terapie attualmente disponibili:
- Clorochina ed Idrossiclorochina da utilizzare sia nei pazienti ospedalizzati, sia in quelli in isolamento domiciliare.
- Paracetamolo da utilizzare per il controllo della temperatura corporea.
- Eparine a basso peso molecolare da utilizzare per la profilassi del tromboembolismo venoso per tutti i pazienti a rischio tromboembolico con COVID-19 (in particolare se immobilizzati in terapia intensiva o anziani allettati).
- Corticosteroidi (metilprednisolone) da utilizzare solo in pazienti con sintomi da deficit surrenale o in condizioni cliniche selezionate (in fase 2° o 3°).
- Antibiotici (betalattamici) da utilizzare solo nei casi in cui vi sia una sovrainfezione batterica accertata che non è infrequente (polmonite da pneumococco o stafilococco).
- Gli Antivirali disponibili (lopinavir/ritonavir, darunavir/ritonavir o darunavir/cobicistat) non sembrano dare risultati allo stato attuale anche se questo potrebbe dipendere dal fatto che ad oggi sono stati utilizzati forse in fase troppo avanzata di malattia.
- I farmaci biologici ad azione anti-infiammatoria (Tocilizumab, Sarilumab, Anakirna, Emapalumab) hanno indicazione in un trattamento precoce di pazienti con in fase 2-3 (attenta valutazione di persistenza infiammatoria nei pazienti in ventilazione meccanica o infezioni non controllate). Nel caso non si possa disporre di Tocilizumab nella formulazione endovenosa, c’è la possibilità di utilizzo della formulazione sottocute seppure con poca esperienza d’impiego ad oggi.
- Sperimentazioni su un possibile utilizzo della Colchicina sono partite da pochi giorni.
- Sperimentazioni su un possibile utilizzo di anticorpi monoclonali sono partite con molte aspettative.