“La crescita e lo sviluppo futuri sono in pericolo” a causa delle “sfide economiche e climatiche con cui il mondo si sta confrontando”. E’ quanto afferma il premio Nobel per l’Economia, Michael Spence nel suo ultimo commento comparso su Project Syndacate, nel quale vengono riassunte tutte le ragioni che negli ultimi mesi hanno contribuito nel peggioramento delle prospettive per la ripresa globale.
Innanzitutto, la disparità nella distribuzione dei vaccini, che continua ad essere fortemente concentrata nei Paesi sviluppati, lasciando sguarniti contro la temuta variante Delta gran parte degli Stati più poveri o i invia di sviluppo.
In secondo luogo, ha scritto Spence, “le catene di approvvigionamento globale sono state interrotte in modo più grave di quanto ritenuto in precedenza… le carenze riscontrate in manodopera, semiconduttori, materiali da costruzione, container e capacità di trasporto non spariranno tanto presto”. Ciò ha contribuito a generare “effetti inflazionistici diffusi in tutti i settori e paesi”, che “probabilmente agiranno come un freno persistente alla ripresa e alla crescita”. Tali pressioni inflazionistiche, ha aggiunto l’economista, “richiederanno una risposta di politica monetaria”.
A questo si aggiunge l’ulteriore inasprimento degli eventi climatici estremi registrati quest’anno, il cui impatto è destinato a proseguire, se non a peggiorare nei prossimi anni. “Lo sviluppo più illuminante degli ultimi tre mesi”, ha scritto Spence, “è stato il drammatico aumento della frequenza, gravità e portata globale di eventi come tempeste, siccità, ondate di calore, temperature medie più elevate, incendi e inondazioni”. Alcune istituzioni, fra cui la Fed, ormai considera gli eventi climatici estremi come una concreta minaccia per gli outlook macroeconomici, ha ricordato Spence, invitando a non sottovalutare anche questo aspetto del problema.
“Poiché gli eventi climatici estremi si verificheranno più frequentemente e globalmente – colpendo a caso quasi ovunque – i sistemi di assicurazione privati e sociali avranno bisogno di un grande aggiornamento per diventare di portata multinazionale”, ha concluso l’economista, “potremmo aver bisogno di una nuova istituzione finanziaria internazionale che se ne faccia carico, e che lavori a stretto contatto con il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale”.