Si ritorna a parlare del crac di Banca Etruria. Nel corso del processo di secondo grado dinanzi alla Corte di Appello di Firenze, presieduta dal giudice Edoardo Monti, è emerso che la Consob sapeva della situazione di crisi in cui versava la banca già dal 2013.
Situazione conosciuta grazie ai documenti e alle informazioni ricevute da Bankitalia, e da cui sono state poi comminate successivamente le sanzioni ad amministratori e sindaci della banca aretina per le supposte mancate informazioni contenute nel prospetto dell’aumento di capitale di fine 2013 sono frutto di un procedimento avviato tardivamente. In realtà, scrivono i giudici, la Consob già sapeva e come tale quelle sanzioni sono state annullate perché frutto di un procedimento avviato tardivamente.
Gli elementi informativi forniti da Bankitalia alla Consob avrebbero delineato una situazione tale “da fornire gli elementi conoscitivi necessari e sufficienti per iniziare la verifica ispettiva di spettanza della Consob, che invece è iniziata due anni più tardi”.
“In sostanza – si legge nelle motivazioni citata da LaPresse – essendo Consob venuta a sapere da Banca d’Italia il 6 dicembre 2013 che Banca Etruria era sull’orlo del commissariamento a meno che non si fondesse con una banca più grande, delle due l’una: o si riteneva (o quantomeno si sospettava) che il prospetto pubblicato pochi mesi prima non avesse dato contezza di ciò e quindi sarebbe stato falso e fuorviante (come in effetti Consob è venuta a contestare a ottobre del 2016), ma allora Consob doveva cominciare subito l’indagine; oppure – proseguono i giudici – si accertava che il prospetto aveva rappresentato correttamente al pubblico degli investitori la situazione economica dalla banca emittente, ma allora non si poteva irrogare alcuna sanzione”.