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ROMA (WSI) – Decisa a voltare pagina e ricongiungersi alla madre patria Russia, la Crimea si affretta a mandare in soffitta tutti i simboli, e le istituzioni, dello Stato ucraino: unità militari di stanza nella penisola, nome e funzioni del parlamento, valuta, anche il fuso orario.
La decisione sui militari, nel momento in cui Kiev decreta la parziale mobilitazione, compresi “i volontari” in Crimea, preoccupa in termini di possibili sviluppi, come pure l’annuncio della nazionalizzazione delle proprietà ucraine sulla penisola.
Con una raffica di votazioni, l’assemblea di Sinferopoli ha prima sancito l’indipendenza della Crimea e la richiesta di annessione alla Russia come repubblica.
Poi ha stabilito per se stesso il ruolo di massimo organo del potere, “sino al 2015 o fino all’ingresso nella Federazione russa”, elimindando la dicitura ucraina del nome dell’asssemblea. Il 30 marzo, hanno deciso i parlamentari locali, le lancette dell’orologio saranno sincronizzate con Mosca, con un salto di due ore dall’attuale fuso orario (quello ucraino, che è un’ora avanti rispetto all’Italia). La valuta ufficiale, inoltre, da oggi diventa il rublo e la grivna resterà in circolazione sino al primo gennaio del 2016.
Il presidente del parlamento Volodymyr Konstantinov ha riferito ai giornalisti che sarano dissolte tutte le unità militari ucraine basate nella penisola. “Coloro che vogliono restare a vivere qui, potranno farlo. Esamineremo la questione di chi vuole prestare giuramento” al nuovo assetto militare che si profila, fedele alla Russia.
Infine, è stata annunciata la nazionalizzazione delle proprietà dell’Ucraina in Crimea, questione che già dopo la fine dell’Urss avvelenò per anni i rapporti tra Kiev e Mosca, sino alla “spartizione” della Flotta del Mar Nero e a un accordo di locazione per la marina russa. Già ieri il presidente ucraino ad interim Oleksandr Turchinov ha annunciato una causa internazionale per ottenere da Mosca “indennizzi” per le proprietà ucraine di epoca sovietica passate in mano russa.
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ROMA (WSI)- Il 96,6% dei partecipanti al referendum in Crimea, ieri, ha votato per l’annessione delle penisola alla Russia. Questo il dato definitivo dopo il completamento dello spoglio delle schede.
“Al referendum, in sostegno della riunificazione con la Russia sono stati espressi 1 milione 233.002 voti, ovvero il 96,77%”, ha dichiarato a Sinferopoli il capo della Commissione referendaria Mikhail Malyshev .
Complessivamente, i votanti sono stati 1 milione 274.096, con uno 0,72% di voti annullati.
In mattinata il parlamento locale si riunirà in seduta straordinaria per approvare i risultati del referendum. Nel pomeriggio, una delegazione di parlamentari della Crimea partiranno per Mosca, per avviare discussioni sulle procedure per la formale annessione. (TMNEWS)
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ROMA (WSI) – Vladimir Putin sfida il mondo e con una mossa degna del miglior Spassky contro Fischer ‘conquista’ la Crimea, dove un’orda di oltre un milione di filorussi ha detto “sì” all’adesione alla Russia con percentuali di oltre il 93%. “Siamo tornati a casa”, “Russia ti amo”, gridano in centinaia a piazza Nahimov a Sebastopoli dove, in un tripudio di bandiere russe e sulle note dell’inno di Mosca, la festa è scattata mentre ancora si contavano le schede.
Ma d’altra parte non si aspettavano sorprese: il “sì” è a valanga come anche l’affluenza, alta anche nei villaggi tatari, nonostante il boicottaggio annunciato da alcune organizzazioni della minoranza etnica. E mentre gli Stati Uniti di Barack Obama e l’Europa tuonano contro il Cremlino bollando come “illegale e illegittimo” il referendum e annunciando sanzioni già per domani, Putin è diventato un’icona in Crimea: guai a parlarne male, anche solo per un attimo. Qui lo amano in tanti, soprattutto giovani, mentre gli anziani preferiscono guadare al passato, sovietico.
A seggi ancora aperti, il signore del Cremlino ha dato la sua benedizione: Mosca accetterà l’esito della consultazione, in parole povere si tratta di un ‘benvenuti’ in Russia. Il presidente ha conversato con la cancelliera Angela Merkel, con la quale è in piedi una trattativa per dare luce verde a una missione “su vasta scala” degli osservatori Osce, che per più giorni sono stati bloccati alla frontiera settentrionale della Crimea. Merkel, nella telefonata con Putin, ha condannato la presenza delle truppe russe nell’area di Kherson, ultima città ucraina prima del cancello di ingresso in Crimea.
Così come il segretario di Stato Usa John Kerry, al telefono con l’omologo russo Sergei Lavrov, ha detto basta alle “continue provocazioni” militari russe nell’est ucraino e in alcune zone contigue alla Crimea. Kiev, che oggi perde un pezzo di patria, ha annunciato per bocca del ministro della Difesa Igor Teniukh una “tregua” in Crimea con Mosca fino al 21 marzo, giorno del primo esame della Duma russa della legge per l’annessione di terre straniere e della firma della parte politica dell’accordo di associazione tra l’Ucraina e la Ue. Fino ad allora, non saranno bloccate le unità militari ucraine nella Penisola e “nessuna misura sarà presa contro le nostre infrastrutture e i nostri siti militari” da parte degli oltre 22mila soldati russi presenti.
E tuttavia in serata è arriva la notizia di soldati e mezzi blindati ucraini diretti verso i confini con il gigante russo, con tutta probabilità nelle regioni sull’orlo della guerra civile, come Donetsk e Kharkov (come si scrive in russo). Per ora si tratta solo di notizie trapelate sui media di Kiev, che non hanno trovato conferme ufficiali. Se fosse vero, il rischio che i russi decidano loro di attraversare il confine per primi sarebbe molto concreto.
Sullo sfondo le bordate che partono da Washington, Bruxelles e da tutte la cancellerie europee contro le mosse “pericolose e destabilizzanti” del Cremlino, con la Casa Bianca che esorta la comunità internazionale a intraprendere “passi concreti per imporre dei costi” all’orso russo. L’accusa a Putin è di aver scelto una strada che lo porterà all’isolamento. Forse andrà così, forse no. Qui a Sebastopoli, sede della Flotta russa sul Mar Nero, è chiaro che il presidente russo non è affatto solo: da piazza Nahimov in tripudio si inneggia al “ritorno a casa” e al “leader” Vladimir. (ANSA)
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«Tregua» in Crimea tra Kiev e Mosca sino al 21 marzo, giorno del primo esame della Duma russa della legge per l’annessione di terre straniere e della firma della parte politica dell’accordo di associazione Kiev-Ue: lo ha detto il ministro della difesa ucraino, Igor Teniukh. Fino ad allora non saranno bloccate le unità militari ucraine in Crimea. In Crimea, i cui i cittadini avranno tempo fino alle 21 italiane, per votare per il referendum sull’adesione alla Russia che a poche dall’apertura dei seggi, si registra un’alta affluenza, con record a Sebastopoli. Mosca «rispetterà la scelta degli abitanti della Crimea», la cui volontà viene espressa «nel pieno rispetto delle norme del diritto internazionale»: lo ha detto Putin in una telefonata alla Merkel citando lo statuto dell’Onu.
Oltre 170.000 elettori, pari al 44%. A Kerch, la città dove ha sede l’antico insediamento italiano, con oltre il 60%. Il dato più basso a Bahcisarai: nel villaggio a maggioranza tatara l’affluenza è del 30%. Lo annuncia il comitato elettorale a Simferopoli.
Due i quesiti, in tre lingue (russo, ucraino e tataro), posti nella consultazione: «siete a favore della riunificazione della Crimea con la Russia come entità costituente?» (si o no) e «Siete a favore dell’ applicazione della costituzione della repubblica di Crimea del 1992 e dello status della Crimea come parte dell’Ucraina? (si o no).
Al voto oltre 1,5 milioni di aventi diritto, in 1205 distretti elettorali, con 27 commissioni elettorali cittadine e distrettuali. A quattro ore dall’apertura dei seggi, Sebastopoli ha fatto già registrare un record di affluenza, oltre il 50%, mentre dagli altoparlanti della città è stato trasmesso per tutta la mattina l’inno della città. «Torniamo a casa», ha detto qualche elettrice mostrando la scheda prima di inserirla nell’urna trasparente. Al voto anche nella capitale della Crimea, Simferopoli, dove non si sono registrate code anche a causa della pioggia battente e del freddo. Affluenza sostenuta nel villaggio tataro Bakhcisarai, il principale della minoranza, teatro di manifestazioni pro-Kiev negli ultimi.
A monitorare il voto sono presenti una settantina di osservatori da 23 Paesi, compresa l’Italia: si tratta di deputati, eurodeputati ed esperti europei di diritto internazionale e attivisti per i diritti umani, invitati dalle autorità locali. Non sono presenti osservatori dell’Osce né della Csi. I risultati, scontati, si avranno tra questa sera e domani. Il parlamento ha annunciato che si riunirà già domani per approvare il risultato.
Intanto il ministro della Difesa ucraino ad interim Igor Teniukh ha denunciato che i soldati russi presenti in Crimea in questo momento sono 22.000, quasi il doppio del limite di 12.500 consentito dagli accordi per la flotta sul Mar Nero.
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L’Ucraina accusa la Russia di aver invaso militarmente il proprio territorio nella regione di Kherson, al confine con la Crimea. Il ministero degli Esteri di Kiev chiede il “ritiro immediato” delle forze russe e minaccia di rispondere “con tutti i mezzi per fermare l’invasione militare”.
La risoluzione presentata al Consiglio di Sicurezza dell’Onu contro il referendum in Crimea non passa per il veto posto dalla Russia. La Cina si è astenuta, mentre gli altri 13 Paesi hanno votato a favore.
“La Russia può porre il veto in Consiglio di Sicurezza, ma non può porre il veto alla verità”: lo ha dichiarato l’ambasciatrice americana alle Nazioni Unite, Samantha Power. “Oggi è un giorno triste”, ha continuato. “Questo documento è fondato su principi che forniscono le basi per il diritto internazionale”. Per l’ambasciatrice americana all’Onu il voto di oggi mostra “l’isolamento di Mosca” di fronte alla comunità internazionale. “La Russia non può cambiare le aspirazioni del popolo ucraino – ha detto – e fin dall’inizio di questa crisi la posizione russa è stata in contrasto non solo con la legge, ma anche con i fatti”.
Quindi la stoccata. “La Russia dovrà rispondere delle sue azioni, e potrebbe essere soggetta ad un isolamento diplomatico ed economico”, ha detto Power precisando che, se verranno confermate le accuse di Kiev sulla presenza di truppe russe sul territorio nazionale, si tratterebbe di “una escalation scandalosa”.
Il Cremlino
Il Cremlino invita al “realismo politico per non scivolare verso una ancora più profonda contrapposizione” sull’Ucraina. “Speriamo che sia a noi che ai nostri partner basterà la saggezza politica, il senso di realismo politico per non scivolare verso una ancora più profonda contrapposizione, quella ideologica o di altro genere”, ha detto il portavoce di Putin, Dmitri Peskov, in una intervista all’emittente Ren-Tv.
Il Cremlino dissente poi dalle allusioni degli economisti sul rischio di un auto-isolamento della Russia. “Sarebbe illogico, irrealistico e assurdo, oggi nell’epoca della globalizzazione, della assoluta interdipendenza economica”, ha commentato il portavoce Dmitri Peskov in una intervista a Ren-Tv. A suo avviso la Russia dipende dall’Occidente nella stessa misura in cui l’Occidente dipende dalla Russia.
“Siamo interessati allo sviluppo della cooperazione (con l’Occidente, ndr), e non vorremmo che quanto avviene in Ucraina provocasse l’effetto opposto”, ha concluso Peskov.
Il G-7 a Londra
Il governo britannico ha proposto Londra come sede alternativa per la riunione del G7, se la Russia dovesse essere espulsa dal G8 a causa della sua politica in Ucraina. Lo scrive il settimanale tedesco Der Spiegel, citando una fonte vicina al governo tedesco. La proposta sarebbe stata accolta dagli altri sei Paesi membri, Italia inclusa.
Oltre al possibile spostamento della riunione del G7 a Londra, rispetto a quella del G8 in programma a Sochi, lo Spiegel spiega che se il presidente russo Vladimir Putin non dovesse fare passi indietro sull’annessione della Crimea, Berlino potrebbe annullare anche le consultazioni intergovernative russo-tedesche in programma a Lipsia in aprile, o comunque mantenerle in un formato ridotto.
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In vista del referendum riguardante la secessione della Crimea, la Russia ha ammassato le proprie truppe e i blindati in almeno tre regioni lungo il confine orientale dell’Ucraina, allarmando così il governo ad interim ucraino in merito ad una possibile invasione e a crescenti tensioni nella crisi tra il Cremlino e l’Occidente.
Intanto gli Stati Uniti stanno valutando le richieste di aiuto militare da parte dell’Ucraina, sia letale che non letale, e hanno già deciso di rispondere favorevolmente alla domanda di razioni alimentari.
Il Telegraph ha anche voluto porre all’attenzione dei suoi lettori l’insolito ma brusco rimprovero della cancelliera tedesca Angela Merkel, che ha avvertito il governo russo di smetterla di attuare una politica appartenente al 19° e 20° secolo, altrimenti ci sarà il serio rischio di andare incontro a serie di ritorsioni diplomatiche ed economiche da parte di tutta l’Europa.
In un discorso al Parlamento tedesco ha infatti dichiarato: “Se la Russia continua il corso intrapreso nelle ultime settimane, sarà non solo una catastrofe per l’Ucraina. Cambieranno infatti le relazioni dell’Unione europea con la Russia e questo potrebbe anche causare enormi danni alla Russia, economicamente e politicamente“.
Durante un intervento al Congresso americano, il segretario di stato John Kerry ha invece confermato che al momento la Russia non ha ancora fatto o preparato alcun tipo di intervento militare su larga scala per invadere l’Ucraina, ma ha anche sottolineato come: “le cose potrebbero cambiare velocemente e di questo ne siamo consapevoli. La mia speranza è quella di non creare un’isteria collettiva e preoccupazione”.
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Intanto oggi a Londra vi sarà un incontro tra appunto Kerry e il ministro russo degli Esteri Sergey Lavrov, per cercare una soluzione alla crisi che si è creata.
Ma a livello diplomatico, l’incapacità dei protagonisti in campo ricorda in maniera preoccupante la crisi missilistica cubana.