Pochi sapevano di questa aliquota fiscale, quasi “nascosta” all’interno della precedente Manovra di Bilancio. La stessa Agenzia delle Entrate ha dovuto precisare in una recente circolare la parificazione tributaria tra cripto-attività e attività finanziarie. E che le loro plusvalenze subiranno un’aliquota fiscale del 26%.
Ovviamente la nota dell’Agenzia riguarda anche la tipologia di prodotti e beni crypto, sulle quali l’erario ha voluto precisare e fare eventuali distinzioni in merito ai casi in cui concorrano meno al reddito. Oltre a ciò, l’Agenzia delle Entrate ha stabilito anche un regime agevolato, con tassazione praticamente dimezzata (dal 26 al 14%). E così anche un regime sanzionatorio nel caso in cui non si seguano le nuove disposizioni in materia di monitoraggio fiscale.
Cripto-attività, la tassazione arriva al 26%
Dalla circolare 30/E dell’Agenzia delle Entrate, l’erario ha voluto fare chiarezza in merito alla questione delle cripto-attività. Ovvero della “rappresentazione digitale di valore o di diritti che possono essere trasferiti e memorizzati elettronicamente, utilizzando la tecnologia di registro distribuito o una tecnologia analoga”, come stabilito dall’art. 67 del TUIR. Per quanto riguardano le attività crypto, l’Agenzia distingue tra “unbacked crypto-assets” (prive di meccanismo di stabilizzazione, come bitcoin e stablecoins) e “asset linked stablecoins” (garantite da attività sottostanti). Perché a venire tassate saranno in particolare le intermediazioni e i servizi derivanti dall’uso di esse.
In un mondo che utilizza sempre più le tecnologie legate alle crypto, quali blockchain, token e tanto altro, l’Agenzia ha dato nuove indicazioni sulle disposizioni varate nella Legge di Bilancio 2023. Tra le principali, la parificazione delle plusvalenze delle cripto-attività a quelle delle altre attività finanziarie, stabilendo così una tassazione con aliquota al 26%. Per l’AdE plusvalenze e proventi derivanti dalle loro operazioni sono imponibili, ma solo per:
- persone fisiche,
- enti non commerciali,
- società semplici rientranti nell’art. 5 del TUIR,
- soggetti non residenti in Italia (solo se prodotto nel medesimo territorio).
Nota particolare per la questione dei soggetti non residenti. Se relativi a cripto-attività detenute nel nostro Paese, “[…] se detenute presso intermediari non residenti o archiviate su chiavi USB, personal computer e smartphone”, è prevista l’imposta dovuta, perché il reddito si considera prodotto in Italia. Ma solo se il supporto di archiviazione si trova nel territorio dello Stato.
Cosa cambia prima e dopo la Legge di Bilancio 2023
L’Agenzia delle Entrate precisa il regime fiscale quanto già stabilito prima della Legge di Bilancio 2023. Saranno tassate attività come ad esempio l’intermediazione di valute tradizionali con bitcoin, ma solo se lo svolgimento avviene in modo professionale e abituale. Le aziende dovranno quindi assoggettare a imposizione “[…] i componenti di reddito derivanti dalla attività di intermediazione nell’acquisto e vendita di cripto-valute”.
Diversamente, un’operazione di cessione degli utility token (diritti sulla possibilità di utilizzare un prodotto che l’emittente vuole realizzare), se da parte della società emittente, “[…] non assume autonoma rilevanza fiscale a fini IRES“, ma solo se si tratta di una movimentazione finanziaria. Pertanto, le somme incassate dalla loro assegnazione non incidono nel reddito. Nel caso in cui vengono disposti come compensi, i token andranno invece a costituire reddito imponibile per il dipendente, ma salvo quanto previsto dall’art. 51 TUIR. Quindi, non oltre i 258,23 euro.
Nel caso dei titolari di cripto-attività, si usa il principio che “[…] le operazioni avente ad oggetto valute virtuali [avranno] le disposizioni fiscali vigenti in materia di valute estere aventi corso legale.“. Se si tratta di cessione a titolo oneroso (ovvero rimborso di titoli di certificati di massa e valute estere, così come il loro prelievo) ma di tipologia “a termine” (cioè relativi ad acquisti e vendite), il TUIR le equipara a redditi diversi di natura finanziaria. E questo vale anche per il prelievo dai wallet digitali. Nel caso di cessioni a “pronti” (privi di finalità speculativa), esse non concorrono al reddito.
Nel caso di token quali currency, security e utility, valgono le disposizioni dell’aliquota al 26%, se frutto di acquisizione a fini di investimento del proprio risparmio remunerato. Nel caso dei security, vale la ritenuta d’acconto se percepiti da residenti, o imposta del 26% se non residenti. E così anche della cessione a titolo oneroso.
Nel caso dello staking (processo blockchain nel distribuire e validare un nuovo blocco di dati), il partecipante riceve una remunerazione in crypto durante il “periodo di indisponibilità“, in cui avviene la produzione e convalida dei blocchi. Tale corrispettivo rientra tra i redditi di capitale (art. 44 TUIR), e se accreditata in una società italiana scatta il 26% di aliquota.
E questo nel regime ante Manovra. Dal 1° gennaio 2023, si riconduce tra i redditi diversi da cripto-attività “[…] sia le plusvalenze realizzate mediante rimborso o cessione a titolo oneroso o permuta sia gli altri proventi derivanti dalla detenzione di cripto-attività, non inferiori complessivamente a 2.000 euro nel periodo d’imposta.”
Ma attenzione, non è fiscalmente rilevante “[…] lo scambio di una cripto-valuta con un’altra (ad esempio l’acquisto di ether con bitcoin) né, in generale, lo scambio di un NFT con un altro NFT.“. Mentre lo è se avviene come permuta (es. acquisto di NFT con criptovaluta). E così nel caso di permuta tra cripto-valuta e e-money token (è una moneta elettronica, e l’emittente paga in fondi diversi dalla moneta elettronica), ma non tra crypto e asset-referenced-token (non è una moneta elettronica, e il rimborso è nominale).
Con la seguente modifica del regime fiscale sulle cripto-attività, il rischio di dover ricalcolare tutto e scoprire di aver pagato meno del previsto è realistico. Per questo, chi ha cripto-attività al 1° gennaio 2023 può rideterminare il costo o il valore di acquisto di quanto accennato sopra. In cambio dovrà sborsare una imposta sostitutiva pari al 14%. Un regime agevolato che però prevede il versamento immediato della prima rata o importo unico entro il 15 novembre 2023.
Per evitare anche ulteriori contestazioni in sede di accertamento fiscale, o in violazione degli obblighi di monitoraggio fiscale, potranno regolarizzare la propria posizione presentando un’apposita istanza di emersione e versando la sanzione per l’omessa indicazione.
Si ricorda infatti che essendo redditi, le cripto-attività detenute entro il 31 dicembre 2021, compresi i redditi prodotti da esse, dovranno essere dichiarati nella Dichiarazione, attraverso il «Modello per l’istanza di regolarizzazione delle cripto-attività e dei relativi redditi», nel Quadro RW.
Nel caso in cui le cripto-attività abbiano prodotto reddito, si tratterà di un’imposta sostitutiva in misura pari al 3,5% “del valore delle cripto-attività detenute al termine di ogni anno o al momento del realizzo“. Su di essa andrà applicata anche la somma pari allo 0,5% per ciascun anno del predetto valore a titolo di sanzioni e interessi.