É sell-off sui mercati delle criptovalute, che nelle ultime ore hanno spazzato via quasi $ 150 miliardi di capitalizzazione. Tutte le principali valute digitali segnano significative flessioni con il Bitcoin che, durante la notte, ha bucato quota 40 mila dollari.
La regina dei token è scesa di circa il 7% nelle ultime 24 ore fino a toccare $ 38.287, secondo CoinDesk. In mattinata, i prezzi sono risaliti intorno a $ 39 mila ma i cali delle ultime sedute si aggiungono a quelli accumulati da novembre (-40% da un massimo record di circa $ 69.000) rendendo sempre più difficile il raggiungimento del target di 100 mila dollari indicato da alcuni.
Significative le perdite di Ether, la seconda criptovaluta per capitalizzazione di mercato, che ha perso quasi l’8% nelle ultime 24 ore e ora scambia a $ 2.878, dopo essere scesa fino a $ 2.809,51.
I ribassi delle criptovalute seguono le perdite pesanti registrate ieri da Wall Street. Il Nasdaq è sceso di quasi il 5% questa settimana e l’S&P 500 è alla sua terza settimana consecutiva di perdite. Questo dimostra che, come hanno notato alcuni analisti, è aumentata la correlazione tra il mercato azionario Usa e il mondo delle criptovalute.
Le perdite dell’azionariato Usa prendono a loro volta le mosse dalle intenzioni della Federal Reserve di ridurre il proprio bilancio e gli acquisti di bond, aumentando allo stesso tempi i tassi di interesse. Una notizia che, per alcuni esperti, rischia di togliere sostegno alle criptovalute, considerate un asset di copertura contro l’aumento dell’inflazione.
Russia come Cina: verso stop a trading e mining Bitcoin
Il pessimismo degli investitori è tra l’altro alimentato della stretta messa a segno dalle autorità di regolamentazione. Dopo la decisione della Cina di vietare completamente tutte le attività legate alle criptovalute, anche le autorità statunitensi stanno stringendo la cinghia intorno ad alcuni aspetti del mercato.
A ciò, si aggiunge la notizia riportata da Bloomberg, secondo cui la Banca centrale russa intenderebbe vietare il trading e l’estrazione di criptovalute sul proprio territorio, sostenendo che la valuta digitale rappresenta un rischio per “la stabilità finanziaria e la sovranità della politica monetaria”. La Russia è tra i primi tre Paesi per il mining di Bitcoin, coprendo circa il 10% del mercato globale.