Economia

Criptovalute e tasse, le novità per la dichiarazione dei redditi 2023

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Criptovalute, dichiarazioni dei redditi e tasse da pagare: qual è la situazione al 2023? Se negli anni passati il governo non ha mai davvero chiarito i tanti dubbi che i possessori di Bitcoin, Ethereum e qualsiasi altra criptovaluta hanno sempre avuto, a mettere qualche punto fermo ci ha pensato il governo guidato da Giorgia Meloni nell’ultima legge di bilancio, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 29 dicembre scorso ed entrata in vigore il 1° gennaio 2023.

Tra le tantissime modifiche apportate dal governo e le novità introdotte con l’ultima legge di bilancio c’è anche qualcosa che riguarda chi ha acquistato o scambiato, nel corso dell’ultimo anno e anche dei precedenti, criptovalute. Tali novità non sono state subito messe in evidenza tramite i canali ufficiali del governo – il Ministero dell’Economia e delle Finanza non ne parla nella presentazione delle novità della legge di bilancio e Palazzo Chigi non ne ha fatto menzione nella nota ufficiale con cui ha illustrato la manovra – ma con l’arrivo del periodo delle dichiarazioni dei redditi e del pagamento delle tasse i possessori di criptovalute se ne sono resi conto. Vediamo insieme tutto quello che c’è da sapere.

Cosa si intende per criptovaluta secondo il governo

Facciamo prima un piccolo passo indietro. Cosa intende il governo per criptovaluta? La definizione è messa nero su bianco nel Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR), dove le cripto-attività vengono considerate “una rappresentazione digitale di valore o di diritti che possono essere trasferiti o memorizzati elettronicamente, utilizzando la tecnologia di registro distribuito o una tecnologia analoga”.

Pagare le tasse su Bitcoin e altre criptovalute: cosa dice la legge

La Legge di Bilancio 2023 ha disciplinato il trattamento fiscale delle cripto-attività andando a introdurre una serie di modifiche al Testo Unico delle Imposte sui Redditi e inserendo tra i redditi diversi di natura finanziaria anche “le plusvalenze e gli altri proventi realizzati, da soggetti non imprenditori, mediante rimborso, cessione a titolo oneroso, permuta o detenzione di cripto-attività“.

Lo stesso articolo 67 del TUIR definisce le plusvalenze da cripto-attività come la differenza tra il corrispettivo percepito (il valore a cui tali criptovalute sono state vendute o scambiate) e il costo/valore di acquisto delle cripto-attività. Tali plusvalenze sono assoggettate all’imposta sostitutiva del 26%, salvo nel caso in cui i redditi relativi alle cripto-attività siano stati inferiori ai 2mila euro nel periodo d’imposta: in questo caso, lo stabilisce il comma 1 lettera c-sexies dello stesso articolo, non sono assoggettati a tassazione.

Allo stesso modo se lo scambio di criptovalute è avvenuto con altre criptovalute “aventi uguali caratteristiche e funzioni“, l’articolo specifica che tale permuta non costituisce fattispecie fiscalmente.

Criptovalute nella Dichiarazione dei redditi 2023: obblighi e scadenze

Se chi deve pagare le tasse e in che percentuale dopo aver scambiato criptovalute sembra ora più chiaro rispetto al passato, la Legge di Bilancio ha fornito una risposta anche ai tanti che, da possessori di criptovalute, si sono interrogati sull’obbligo di comunicarlo al Fisco. Tra le modifiche introdotte c’è quella al DL 167/90 per il monitoraggio fiscale delle cripto-attività e le modalità di comunicazione delle proprie criptovalute all’Agenzia delle Entrate.

La nuova normativa prevede in modo espresso l’inclusione delle cripto-attività tra le attività oggetto di segnalazione da riportare nel quadro RW del modello della dichiarazione dei redditi, quello in cui si indicavano già gli investimenti e le attività finanziarie all’estero ai fini del monitoraggio fiscale. Le modifiche apportate dall’esecutivo, però, non chiariscono uno degli aspetti chiave: quale valore bisogna dichiarare nel quadro RW. Il prezzo di acquisto o il valore attuale al momento della dichiarazione?

Su questo punto, salvo ulteriori precisazioni in arrivo dall’Agenzia delle Entrate, valgono ancora i principi contenuti nel Provvedimento 151663/2013 dell’AdE relativo alle attività finanziarie, anche se pubblicato ormai dieci anni fa. L’unico valore oggettivo a disposizione del contribuente al momento della dichiarazione è il costo di acquisto e quello, di conseguenza, dovrebbe essere il valore da indicare. Su questo aspetto, però, non ci sono certezze e alcuni commercialisti sostengono che il valore da indicare debba essere quello di mercato al 1° gennaio 2023.

La data ultima per l’invio del quadro RW all’Agenzia delle Entrate è fissata al 30 novembre 2023.

Ravvedimento operoso per le criptovalute: chi riguarda e cosa bisogna fare

La Legge di Bilancio 2023 affronta anche la questione della regolarizzazione delle cripto-attività negli anni precedenti. Tutti i soggetti tenuti agli obblighi di monitoraggio fiscale possono accedere a una procedura di regolarizzazione delle violazioni pregresse in tema reddituale e di monitoraggio fiscale delle cripto-attività. Cosa significa in concreto? Chi ha posseduto criptovalute tra il 2018 e il 2021 e non lo ha comunicato all’Agenzia delle Entrate potrà regolarizzare le proprie posizioni indicando, attraverso un ravvedimento operoso, sia le posizioni in criptovalute detenute alla fine di ogni anno sia le eventuali plusvalenze realizzate e assoggettabili a ritenuta fiscale.

Mettersi in regola col pregresso porterà con sé delle sanzioni per il contribuente, a prescindere alla presenza o meno di plusvalenze. Chi non ha realizzato redditi può regolarizzare la propria posizione dichiarando il valore delle criptovalute possedute per ciascun anno indicandolo nel quadro RW della dichiarazioni dei redditi e versando la sanzione per omessa dichiarazione pari allo 0,5% del valore delle attività non dichiarate.

Chi, invece, ha realizzato redditi nel periodo d’imposta di riferimento dovrà procedere al pagamento di un’imposta sostitutiva pari al 3,5% del valore delle attività detenute al termine di ciascun anno (o al momento del realizzo) unitamente ad una maggiorazione dello 0,5% del medesimo valore (a titolo di sanzioni e interessi) che copre le violazioni sul monitoraggio fiscale.