La quotazione ufficiale di un ETF sul Bitcoin fa uscire le criptovalute da una sorta di clandestinità determinando la nascita ufficiale di una nuova asset class
di Massimiliano Marzo
È di questi giorni la notizia della quotazione a Wall Street dei primi ETF che hanno come sottostante il Bitcoin fisico. Per molti versi è una rivoluzione, dal momento che è la prima volta che il regolatore e una casa di investimento tra le più importanti al mondo, BlackRock (l’emittente), di fatto legittimano il ruolo delle criptovalute.
Se parliamo con qualunque ragazzo o ragazza tra i 18 e i 25 anni notiamo immediatamente un grande interesse, se non una conoscenza approfondita del mondo delle criptovalute. Interesse e conoscenza che molto spesso sfocia in volontà di partecipazione attiva in questo mercato. E, incredibilmente, ci sono molti giovani esperti di cripto, ma non di finanza.
Una nuova generazione di investitori.
È evidente che la quotazione ufficiale di un ETF sul Bitcoin fa uscire le criptovalute da una sorta di clandestinità, vista con grande sospetto da tutti, ad un contesto di piena visibilità, determinando la nascita ufficiale di una nuova asset class. E, cosa ancora più importante, è un’asset class che interessa platee di investitori per i quali tradizionalmente il mondo del risparmio gestito non era attraente.
Chi ha ragione? Certamente è presto per dirlo, ma di sicuro il mondo dell’asset management dovrà fare i conti molto in fretta con la tecnologia Blockchain e con tutto il mondo che ruota attorno ad essa. La nascita di nuove valute, come dimostra il caso Bitcoin, potrà e dovrà essere interpretata non tanto come un’insidia per dollaro, euro e altro, quanto piuttosto come la creazione di nuove asset class. Ciò è particolarmente vero se le nuove valute avranno un ‘backing’ con wallet investiti in asset tradizionali. In tali casi le cryptoassets potranno rappresentare un veicolo di investimento sui mercati esattamente come fondi comuni ed ETF.
Tale rivoluzione è già presente, basta leggere cosa sta accadendo sulle piazze finanziarie dove le società di cryptoassets vengono autorizzate: Dubai e Singapore. Dubai, in particolare, si prepara a diventare una delle piazze finanziarie più importanti del mondo, data la mole di investimenti pianificati nel settore finanziario, pari a 8.700 miliardi di dollari in dieci anni come annunciato l’anno scorso dallo sceicco Bin Rashid. L’avvento della blockchain e delle cryptoasset permetterà un maggior accesso al mercato: la tokenizzazione consente acquisti di strumenti più veloci e ‘meno cari’ e sarà possibile rendere liquido ciò che non è, come fondi alternativi illiquidi, considerati come fumo negli occhi dai regolatori. Se ciò si unisce al tema dell’intelligenza artificiale, si comprende bene come sia l’attività di investimento che di sottoscrizione sarà sempre più automatizzata e meno ‘fidelizzata’. È ragionevole attendersi come l’investimento di somme di minori dimensioni avverrà con strumenti finanziari diversi e innovativi.
I risvolti per l’Europa, la direttiva Micar
Anche l’Europa, sta per varare una direttiva, la Micar (Market in Crypto-Assets Regulation), che regolamenterà il settore delle cryptovalute, come Dubai e Singapore. Ciò rappresenta una sfida importante anche per i regolatori. Nel corso degli ultimi anni abbiamo assistito ad una corsa spasmodica all’aggiunta di regole via via più stringenti e complicate che hanno reso il mestiere molto difficile nel mondo dell’asset management.
La rivoluzione digitale permetterà di ottenere ciò che con i metodi tradizionali è diventato sempre più complicato: avere un rendimento. Certo, la diversificazione rimane il punto più importante: ma sarà possibile ‘comprarè portafogli diversificati per ogni esigenza.
L’articolo integrale è stato pubblicato sul numero di febbraio 2024 del magazine Wall Street Italia. Clicca qui per abbonarti.