Criptovalute e fisco: è un binomio che ancora oggi, considerando la mancanza di un quadro normativo di riferimento, crea numerosi dubbi. Ha cercato di dissiparne alcuni l’Agenzia delle Entrate con l’interpello 956-448/2022, affermando in primo luogo che le monete digitali devono essere dichiarate al fisco.
Ma come? Ebbene in molti hanno previsto che il possesso di criptovalute comporti la compilazione del quadro Rw della denuncia dei redditi, un quadro ad hoc consegnato da persone o società residenti in Italia per attività patrimoniali e finanziarie detenute in un altro Paese.
In verità l’Agenzia delle Entrate ha assicurato che, se gli investimenti in criptovalute avvengono attraverso una piattaforma gestita da una società italiana, non esiste alcun obbligo di fornire il quadro Rw.
Una precedente risoluzione dell’Agenzia, la 72/E/2016, supportata dalla sentenza della Corte di Giustizia UE causa C-264/14 del 22 ottobre 2015, aveva precisato che le plusvalenze derivanti dal trading di criptovalute devono essere considerate redditi diversi di natura finanziaria, perciò sono soggette a imposta sostitutiva del 26% nel caso in cui l’ammontare detenuto dal contribuente vada ad oltrepassare la cifra di 51.645,69 euro per sette giorni lavorativi continui durante l’arco dell’anno. La difficoltà sta nel calcolo della giacenza media all’interno del wallet, il portafoglio digitale usato per la conservazione del proprio tesoro virtuale
Nel caso in cui la piattaforma faccia affidamento a una società con sede in un altro Paese, l’investitore ha l’obbligo di fornire il quadro Rw compilato. L’omessa o irregolare compilazione prevede l’applicazione di una sanzione compresa tra il 3% e il 15% del valore dei possedimenti non dichiarati. Tuttavia, nel caso in cui la dichiarazione sia presentata entro 90 giorni dal termine, la penale ammonterà a 258 euro.