(WSI) – Allo scoppio della crisi, mesi fa, un mio amico disse: “Vedrete che alla fine tutto tornerà come prima”. Naturalmente non fu preso sul serio, grande era allora il desiderio e il senso del cambiamento: basta con la finanza internazionale, basta con la globalizzazione spinta, ecc. Però, adesso, c’è un po’ il sospetto che in fondo avesse ragione. Si legge infatti che la banca d’affari Goldman Sachs è tornata a fare utili colossali non finanziando piccole imprese nel terzo mondo, ma semplicemente mettendo in piedi lucrose speculazioni di Borsa “vecchia maniera”. Cosa che i suoi “ragazzi” (il sangue blu della finanza internazionale) hanno sempre saputo fare molto bene. Insomma, se è vero che, una volta imparato a andare in bicicletta, poi non si dimentica, forse con la speculazione finanziaria è la stessa cosa.
E infatti accanto a quelli di Goldman Sachs, ecco che anche i vecchi ragazzi di Jp Morgan sono tornati a fare soldi speculando alla grande. Tutto come prima.
E si sente dire che il fenomeno sta per allargarsi. Nelle piazze finanziarie corre infatti la voce che adesso i mercati incasseranno qualche buona legnata fra agosto e settembre, ma solo per potersi preparare a uno spettacolare rally di fine anno, capace di affondare dentro fiumi di champagne e di soldi il ricordo della grande crisi che avrebbe potuto travolgerci tutti. Il copione, come si può immaginare, è quello già visto tante volte. Le grandi banche d’affari danno il via con una serie di forti acquisti ben distribuiti, gli investitori minuti e periferici, a quel punto, sentono l’odore dei soldi e cominciano a correre e a portare i loro. Alle fine le “mani forti” vendono i titoli acquistati all’inizio della storia (a prezzi bassi) agli ultimi arrivati (a prezzi alti), fanno un sacco di soldi e lasciano la patata bollente nelle mani degli sprovveduti.
Sono decenni che questa storia va avanti e si pensava che la crisi l’avesse spazzata via. Ma sembra che non sia così.
Per chi volesse un po’ consolarsi, si può dire che la stessa cosa accade a livello planetario. E’ appena uscito uno studio di Citi group (altra banca d’affari internazionale) nel quale si disegna lo stato del pianeta nel 2013, cioè fra quattro anni, abbastanza lontano quindi dall’epicentro della crisi.
Ebbene, chi si immaginava grandi cambiamenti resterà deluso. Il mondo, nel suo complesso, tornerà a crescere poco meno del 4 per cento all’anno, che è un buon standard. Ma, esattamente come prima, ci saranno differenze notevoli. I paesi più ricchi, gli industrializzati, in realtà aumenteranno il loro Pil solo del 2,6 per cento all’anno. Saranno i soliti “emergenti” (Asia, Russia, America latina) a fare scintille con tassi di crescita annuali superiori al 6 per cento. E se i paesi ricchi cresceranno solo del 2,6 per cento all’anno, come media, la vecchia Europa arrancherà con un modestissimo 1,8 per cento all’anno.
Anche qui, insomma, tutto come prima. In testa a tutti abbiamo i diavoli dell’Asia, poi l’insieme dei paesi più “vecchi” e in coda a tutti gli europei. Gli americani, che secondo alcuni sarebbero stati cancellati dalla storia a causa delle loro colpe per aver innescato la crisi, nel 2013 (e anche molto prima) torneranno a crescere del 3,5-4 per cento l’anno (più del doppio dell’Europa).
E l’Italia, che dispone di discreti oratori e di buoni affabulatori (vedi il ministro Tremonti, ma anche Berlusconi) una scartina era prima della crisi e una scartina sarà anche dopo: la sua crescita standard sarà infatti (anche nel 2013) appena dello 0,6 per cento.
Insomma, il mondo è quello che è, con dei giovanotti che hanno ancora voglia di correre (gli emergenti), degli “anziani” (come l’America), che però sanno rinnovarsi, e con dei vecchi ormai sfiatati (gli europei). E, purtroppo, con degli scoppiati, come gli italiani. Intanto, Goldman e Jp Morgan si riempiono di soldi, speculando. Come prima.
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