Roma – “Napoli, riceve lettera di licenziamento e si impicca”, “Imprenditore si suicida nel Nuorese, era stato costretto a licenziare i figlie”, “Senza lavoro e pieno di debiti, artigiano si suidica nel Bosano”, queste sono le ultime storie drammatiche di un paese dove ormai una persona al giorno perde la vita tra chi ha perso il lavoro.
E’ in prevalenza la mancanza di un impiego o comunque di qualche prospettiva economica la ragione del dilagare dei suicidi nel nostro Paese, che ormai ogni giorno miete vittime soprattutto tra i disoccupati e tra i cosiddetti ‘esodati’, tra coloro cioe’ che anche per ragioni anagrafiche nutrono meno speranze di altri di trovare un’altra occupazione.
A livello territoriale, al di la’ delle ragioni piu’ strettamente legate al lavoro, e’ il Centro-Nord a detenere il triste scettro dei casi di suicidio, con la Lombardia al primo posto. Il fenomeno dei tanti che quotidianamente compiono il gesto estremo e’ pero’ riconducibile, racconta il Secondo Rapporto dell’Eures (‘Il suicidio in Italia al tempo della crisi’), soprattutto alla figura maschile.
Nel 2010 sono stati 362 i suicidi dei disoccupati, spiega l’Eures, superando cosi’ i 357 del 2009, che gia’ rappresentavano una forte impennata rispetto ai 270 accertati in media nel triennio precedente. Il numero dei suicidi tra i disoccupati tra il 2008 e il 2010 si attesta complessivamente al 39,2% del totale, salendo al 44,7% tra quanti hanno perso il lavoro.
Considerando la sola componente maschile, l’aumento dei suicidi dei senza lavoro appare ancora piu’ preoccupante (da 213 casi nel 2008 a 303 nel 2009, a 310 nel 2010), attestandosi a +45,5% tra il 2008 e il 2010, confermando cosi’ la centralita’ della variabile occupazionale nella definizione dell’identita’ e del ruolo sociale degli uomini. Ma la crisi si fa sentire soprattutto sui cosiddetti ‘esodati’, vale a dire tra coloro che hanno tra i 45 e i 64 anni, con un incremento del 12,6% nel 2010 rispetto al 2009 e del 16,8% rispetto al 2008.
Ma la disoccupazione, informa l’Eures, e’ anche alla base dei suicidi nelle fasce di eta’ tra 45 e i 54 anni, aumentati del 13,3% rispetto al 2009, e in quella 55-64 anni (+10,5%); il tutto a fronte di una crescita complessiva dell’8,1%. Tuttavia, come confermano anche le cronache di queste ultime settimane, a sentire il fiato sul collo della gelata economica sono anche gli artigiani e i commercianti.
E secondo l’Eures nel 2010 336 tra questi hanno deciso di farla finita (contro i 343 del 2009). Lo studio definisce ”molto alto il rischio suicidario” in questo ambito: in particolare nel 2010 si sono contate 192 vittime tra i lavoratori in proprio (artigiani e commercianti) e 144 tra gli imprenditori e i liberi professionisti (151 nel 2009), nel 90% dei casi uomini. Secondo la fotografia dell’Eures sono aumentati nel 2010 i suicidi nelle regioni del Centro-Nord; ma a livello territoriale il primato se l’e’ aggiudicato la Lombardia (con 496 casi, +3% rispetto al 2009), seguita dal Veneto (320, pari al 10,5% del totale, con un aumento del 16,4% sul 2009) e l’Emilia Romagna (278, 9,1%).
Piu’ della meta’ dei suicidi censiti in Italia si verifica in una regione del Nord (1.628 casi nel 2010, pari al 53,4% del totale), a fronte del 20,5% al Centro (624 casi) e del 26,1% al Sud (796 casi). Anche in termini relativi il Nord conferma i valori piu’ alti, con 5,9 suicidi ogni 100 mila abitanti, contro i 5,3 del Centro e dei 3,8 del Sud. Ma e’ il Centro Italia a registrare nel 2010 la crescita piu’ consistente, con un +11,2% sul 2009, che sale a +27,3% nel Lazio, con 266 suicidi.