Le sanzioni alla Russia hanno l’obiettivo di danneggiare la sua capacità di operare a livello globale sui mercati finanziari
A cura di Nadège Dufossé (Candiam)
Il 27 febbraio gli alleati hanno annunciato una nuova serie di sanzioni contro la Russia, escludendo parzialmente la Russia da Swift. In particolare, alcune banche russe sono state rimosse dal sistema di messaggistica SWIFT, contribuendo alla disconnessione di queste banche dal sistema finanziario internazionale e danneggiando la loro capacità di operare a livello globale.
Alla Banca centrale russa (“CBR”) sarà impedito di utilizzare le sue riserve internazionali. Bisogna tuttavia ricordare che oltre al fatto che la Russia detiene una quantità significativa di oro (circa un quarto dei suoi 634 miliardi di dollari di riserve), la banca centrale russa ha diversificato l’ubicazione in cui detiene le sue riserve, e attualmente è la Cina il principale depositario.
Per il momento, le sanzioni dovrebbero essere mirate in modo da non incidere direttamente sulle esportazioni di materie prime russe. Gli Stati Uniti e l’Europa stanno cercando di coordinarsi con SWIFT per trovare modi di identificare le transazioni energetiche all’interno del sistema e per esentare alcune banche, per limitare la potenza dell’interruzione. Questa potrebbe tuttavia rivelarsi un’operazione delicata… e la Russia potrebbe facilmente peggiorare la situazione tagliando i flussi di energia verso l’Europa.
È probabile che l’economia russa venga gravemente colpita da questo nuovo round di sanzioni: oltre a un possibile shock di fiducia, la Banca centrale russa ha alzato il tasso di riferimento al 20% (dal 9,5%) per rallentare i prelievi di depositi e contrastare il deprezzamento del rublo (“RUB”, che da metà febbraio si era già deprezzato del 30% rispetto al dollaro). La CBR ha anche deciso di mettere in atto alcuni controlli sui capitali, in particolare vietando temporaneamente agli stranieri di vendere titoli.
Sanzioni Russia, i riflessi per l’eurozona
Sebbene la probabilità di ritrovarsi nello scenario peggiore – in cui dure sanzioni alla Russia hanno un impatto sul settore energetico – sia aumentata, per il momento le sanzioni sono mirate rigorosamente per non incidere direttamente sulle esportazioni di materie prime russe.
Tuttavia, la crisi ritarderà la normalizzazione delle catene di approvvigionamento (l’Ucraina fornisce oltre il 90% del neon statunitense per semiconduttori mentre quasi il 50% del palladio, un metallo raro utilizzato anche per i semiconduttori, proviene dalla Russia), mentre i prezzi dell’energia saranno più elevati di quanto previsto pochi mesi fa.
È probabile che vengano attuate alcune misure fiscali compensative per attenuare il colpo: ad esempio, l’Italia ha già approvato un pacchetto di aiuti da otto miliardi di euro per il settore energetico e automobilistico, mentre la Germania si è impegnata ad aumentare la spesa per la difesa.
Se le tensioni sul mercato energetico non dovessero peggiorare in maniera sostanziale, la crescita del Prodotto Interno Lordo nell’area euro potrebbe essere ancora superiore al 3,5% nel 2022, ma ci sono rischi al ribasso. Con l’inflazione alta, il compito della banca centrale si rivelerà un delicato atto di equilibrio ma, dati i rischi per la crescita, è probabile che la Banca centrale europea sia più cauta nel cambiare la sua posizione monetaria.
Quali sono i rischi scontati dai mercati finanziari?
La volatilità azionaria, in particolare in Europa, ha toccato il livello più alto, il che riflette, abbastanza logicamente, lo stress legato all’invasione totale dell’Ucraina da parte della Russia, evento che sembrava ancora improbabile all’inizio di febbraio. In termini di livello assoluto di volatilità, non abbiamo ancora raggiunto i picchi conosciuti durante le grandi crisi, che sarebbero un segnale di resa da parte dei mercati finanziari.
Gli indici azionari hanno subito una correzione dall’inizio dell’anno, ma in modo non uniforme. Al 1° marzo l’Eurozona era in calo di circa il 15%, il mercato americano del 10%, mentre il FTSE100 (Regno Unito) risultava pressoché stabile.
Per quanto riguarda i tassi, dopo una settimana relativamente tranquilla, martedì 1° marzo i tassi sono scesi drasticamente, in particolare in Europa, il che suggerisce che stiamo entrando in una fase di risk-off più significativa.
Infine, le materie prime, principale vettore di contagio di questa crisi per le nostre economie, stanno facendo progressi considerevoli. Il petrolio Brent ha raggiunto nuovi massimi, i metalli industriali e le materie prime agricole sono in aumento e l‘oro sta svolgendo il suo ruolo di porto sicuro.
Pertanto, quale scenario dobbiamo prendere in considerazione oggi?
Le cose stanno cambiando molto rapidamente e fino a questa settimana avremmo potuto affermare che i mercati contavano su una risoluzione piuttosto rapida del conflitto, senza alcun impatto rilevante sulle nostre economie.
Ora siamo a un punto di svolta. Da un lato, il mercato statunitense sta beneficiando in termini relativi del calo dei tassi d’interesse e delle aspettative più moderate di una stretta monetaria da parte della Fed nel breve termine. Ciò favorisce i titoli growth e i titoli difensivi, che dovrebbero registrare una performance migliore. Dall’altro lato, stiamo valutando l’impatto delle sanzioni considerando anche il timore di uno shock energetico che minerebbe la crescita sia in Europa sia negli Stati Uniti. La volatilità osservata negli ultimi giorni riflette l’incertezza sull’esito di questa guerra per quanto riguarda la durata del conflitto militare, lo shock energetico, le sanzioni e il fatto che fino ad oggi la situazione è rimasta relativamente in bilico.
I conflitti armati non hanno un impatto duraturo e significativo sui mercati, tranne quando portano a una crisi energetica proprio come quella in gioco ora.
Come abbiamo adattato i portafogli dall’inizio di questa guerra?
All’inizio di febbraio abbiamo ridotto la nostra esposizione alle azioni aumentando il livello di protezione nei nostri portafogli. Stiamo gestendo attivamente la loro esposizione posizionandoci in base a un potenziale duplice esito di questa crisi, riconoscendo i rischi al rialzo e al ribasso.
Abbiamo aumentato la nostra esposizione all’oro e ad alcune valute come il dollaro, lo yen e il franco svizzero. Inoltre, abbiamo incrementato la nostra esposizione alle materie prime (in particolare al settore minerario e petrolifero americano) e ridotto la nostra esposizione ai titoli finanziari, il settore più colpito dall’inizio di febbraio.
Manteniamo un approccio flessibile e pragmatico finché non avremo maggiore visibilità sull’esito della guerra.