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D’Alema pensa a un partito tutto suo, punterebbe all’8%

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ROMA (WSI) – Diversamente dalemiani. E’ stato quando Roberto Gualtieri – eurodeputato, dalemiano non di stretta ma di strettissima osservanza – ha votato a favore (cioè alla prima votazione) alla direzione del Partito democratico si è capito che per la minoranza era cominciata una débâcle e che la vecchia guardia era finita. Matteo Renzi aveva fatto a Massimo D’Alema l’ultimo sgarro che poteva fargli.

Oltre a quello, naturalmente, di mandare Matteo Orfini a ricordargli dal palco talune verità che l’ex presidente del Consiglio, evidentemente, con il passare degli anni si era scordato. Del resto, una volta, anni fa un franceschiniano che allora non era ancora in buoni rapporti con Renzi e che ora invece lo stima assai aveva avvertito così i compagni di partito che pensavano di mettere nel sacco il “giovanotto di Firenze” (lo chiamavano ancora così allora): “Ragazzi, guardate che quello non farà prigionieri”.

D’Alema a sue spese deve averlo capito. Votare con il Consultellum. Ora la vecchia guardia giura e rigiura che non sarà certo per questo che si farà la scissione. Eppure un autorevole esponente della cosiddetta sinistra radicale raccontava qualche giorno fa di aver incontrato D’Alema che gli ha detto scherzosamente una frase del tipo: a questo punto potremmo anche fare un partito insieme. Una boutade.

Così almeno è stata interpretata. Però si sa che in alcune segrete stanze della sinistra (intendendo per tale quella radicale ma non solo) si ragiona sul serio su una possibilità del genere. E si ritiene che un soggetto del genere potrebbe comunque prendere intorno all’otto per cento. C’è un unico vero ostacolo a una simile prospettiva. La legge elettorale. Con la riforma, infatti, il nuovo soggetto politico della sinistra dovrebbe superare nella realtà e non solo nei sondaggi la soglia del 5 per cento per entrare in Parlamento.

Ma anche se la superasse sarebbe destinato alla marginalità. L’ideale allora sarebbe quello di andare a votare con il Consultellum. Una legge ultra proporzionale che non consentirebbe una maggioranza stabile e che darebbe molto più potere a un eventuale partito di sinistra. Vendoliani ma non scissionisti. Chi si oppone a un disegno del genere senza se e senza ma è il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia.

Il primo cittadino del capoluogo lombardo ritiene che imboccando una strada del genere la sinistra non andrebbe veramente da nessuna parte. Ma al momento, a dire il vero, nonostante le fortissime tensioni con il presidente del Consiglio Matteo Renzi, il leader di Sel Nichi Vendola preferisce rimanere lì dove sta.

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