Il presidente della Confindustria Antonio D’Amato «ha trovato condivisibile il decreto fiscale, anche se non ha fatto salti di gioia».
Questa dichiarazione non è dell’ufficio stampa di D’Amato, ma del premier in persona, Silvio Berlusconi che ha difeso il decreto inventato dal suo ministro dell’economia, Giulio Tremonti.
«Non ho mai condiviso il decreto fiscale del governo. Non avrei mai potuto condividerlo non conoscendolo. Tantomeno posso condividerlo oggi».
E questa, invece, è la versione autentica delle parole del presidente della Confindustria, Antonio D’Amato. Gli industriali sono patricamente imbestialiti, nonostante l’incontro di giovedì sera a palazzo Grazioli con il capo del governo.
Un incontro, che sempre secondo la versione berlusconiana, era stato utile e approfondito. O almeno così si era capito fino a una certo momento; una riunione che era approdata a un compromesso.
Berlusconi aveva cioè promesso a D’Amato un intervento meno pesante sul sistema fiscale delle imprese in cambio, magari, di qualche altro piccolo favore nel prossimo futuro: la rimodulazione dei contratti nazionali, per esempio, secondo le richieste che da tempo la Confindustria avanza.
Per schematizzare il messaggio di Berlusconi alle imprese: cercate di fare qualche sacrificio sulle tasse visto che abbiamo un bisogno disperato di soldi, che poi noi vi accontenteremo su altri piani. E invece poi il colpo di scena.
Il presidente della Confindustria e i suoi collaboratori si sono presi qualche ora di tempo per leggere il decreto fiscale appena sfornato da palazzo Chigi.
Poi il responso: «Si tratta di un provvedimento – ha fatto scrivere D’Amato in un comunicato stampa – dannoso per l’economia: in una fase di rallentamento, con una produzione industriale che è in forte e continuo calo, una simile stangata sulle imprese non potrà che produrre ulteriore depressione».
Il presidente confindustriale non è il solo ad usare il termine «stangata» per definire uno dei primi provvedimenti chiari di questa manovra 2003 che sicuramente lascerà segni pesanti nella storia economica e sociale del paese.
In molti altri sono preoccupati e per motivi ovviamente molto diversi da quelli degli industriali. Sale l’insofferenza tra le Regioni, i Comuni, in generale tutti gli enti locali.
C’è una grandissima preoccupazione tra gli anziani, in tutti i settori della sanità e soprattutto c’è già una mezza rivolta nella scuola già martoriata dagli interventi della ministra Letizia Moratti.
Il ministero dell’economia e del Tesoro ha smentito categoricamente tutte le indiscrezione trapelate sull’impianto della legge finanziaria.
Lo stesso Berlusconi, dopo aver rilasciato quella dichiarazione su D’Amato, poi smentita dall’interessato, ha detto una cosa perfino paradossale: ha fatto cioè sapere che le parti sociali e il presidente Carlo Azeglio Ciampi saranno informati sulla finanziaria già a partire dalla prossima settimana (per la precisione da martedì 24 settembre).
Poi però ha detto che le cifre esatte sulla manovra saranno date solo dopo il viaggio di Tremonti negli Usa, dove dovrà partecipare al vertice del Fmi. Ma il vertice si terrà il 27 settembre.
Che cosa si racconterà dunque ai sindacati, alla Confindustria, a tutte le organizzazioni del mondo economico e sociale? E che cosa andranno a dire al presidente della Repubblica, uomo non solo politicamente avveduto, ma soprattutto competente di economia e di finanza pubblica? Intanto, Berlusconi si è recato da Ciampi e da Fazio.
Le certezze sulle misure della finanziaria sono poche. C’è il decreto fiscale di ieri che riduce i benefici della Dit e della super Dit le norme che erano state introdotte nell’economia italiana per favorire sviluppo e occupazione.
Quasi certi i tagli alla scuola e alla sanità. Quasi certo il condono o concordato fiscale, che però non basta a Tremonti che sta già architettando un condono edilizio che potrebbe essere la vera sorpresa di questa manovra.
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