Al 1° gennaio 2024 oltre 157.000 persone in Italia ricevono una pensione di vecchiaia (o anticipata) da almeno 40 anni, ossia dal 1984 o anche da prima. Queste persone sono equamente distribuite tra il settore privato e quello pubblico, con 95.045 pensionati nel settore privato e 62.034 nel settore pubblico. Una cifra paragonabile alla popolazione di una città italiana di medie dimensioni come Perugia o Livorno.
Così emerge dall’Osservatorio del settore privato sulle pensioni che segnala che ci sono 18.717 pensioni con una decorrenza anteriore al 1980.
Le pensioni nel settore privato e pubblico secondo l’Inps
Queste pensioni furono liquidate durante il mandato del presidente americano Jimmy Carter e quando Sandro Pertini era stato recentemente eletto Presidente della Repubblica Italiana. L’età media al momento della liquidazione di queste pensioni era di 52,3 anni, con un importo medio dell’assegno mensile attuale di 1.020 euro.
Per quanto riguarda il settore pubblico, ci sono 13.311 pensioni di vecchiaia in vigore da prima del 1980. L’importo medio di queste pensioni è di 1.607 euro al mese, un valore significativamente superiore rispetto alla media del settore privato per le pensioni dello stesso periodo.
In riferimento all’intera platea delle pensioni Ivs (vecchiaia, invalidità previdenziale e superstiti) in vigore dal 1984 o dagli anni precedenti tra pubblico e privato, l’Inps sottolinea che attualmente ci sono oltre 549mila assegni e tra questi oltre 437 mila si riferiscono al settore privato e quasi 112mila al settore pubblico. In questa platea rientrano però anche l’invalidità previdenziale e le pensioni ai superstiti che possono essere state liquidate anche a persone molto giovani (nel privato per l’invalidità nel caso delle pensioni decorrenti prima del 1980 l’età media delle pensioni ancora in vigore è appena di 39,46 anni e di 36,23 per i superstiti).
Non sono considerati invece gli assegni sociali e le invalidità civili.
Riforma pensioni 2025: le opzioni sul tavolo
La riforma previdenziale è sotto i riflettori visto che il cantiere dei lavori della manovra 2025 sono stati già avviati. Secondo le ultime indiscrezioni, il governo starebbe studiando nuova stretta sulle pensioni anticipate in Italia.
Una delle misure in esame è l’allungamento della “finestra mobile” per l’erogazione del primo rateo pensionistico per le pensioni anticipate. Attualmente, chi va in pensione con 42 anni e 10 mesi di contributi (41 anni e 10 mesi per le donne) deve attendere tre mesi prima di ricevere la pensione. Il Governo sta valutando di estendere questo periodo a sei o sette mesi, e fino a nove mesi per il pubblico impiego, per ridurre la spesa pensionistica.
Le “finestre mobili” sono già state allungate per “Quota 103″, un regime che consente il pensionamento anticipato con 62 anni di età e 41 anni di contributi. Quest’anno, per il settore privato, la finestra è passata da tre a sette mesi e da sei a nove mesi per il settore pubblico. Per gli iscritti alle gestioni previdenziali degli enti locali e sanità, la finestra mobile sarà estesa progressivamente fino a nove mesi entro il 2028, come stabilito dalla legge n. 213/2023.
Il Governo non intende applicare l’allungamento delle finestre mobili alle pensioni di vecchiaia, che non prevedono attualmente tale meccanismo, né ad altre prestazioni pensionistiche. L’allungamento delle finestre comporterebbe che i lavoratori che optano per la pensione anticipata a 42 anni e 10 mesi (41 anni e 10 mesi per le donne) dovrebbero attendere ulteriori sei mesi senza stipendio né pensione.
Il Governo dovrà anche decidere se prorogare per il prossimo anno l’attuale “Quota 103″, che include un ricalcolo contributivo dell’assegno pensionistico e un tetto alla rendita fissato a circa 2.400€ lordi al mese, fino al raggiungimento dei 67 anni di età. In alternativa, potrebbe promuovere il “bonus Maroni”, un incentivo economico per chi sceglie di continuare a lavorare anche dopo aver maturato i requisiti per la pensione anticipata.
Infine, è attesa una decisione sulla possibile proroga di “Opzione Donna”, un regime di prepensionamento che ha recentemente subito restrizioni, e sull’APE Sociale, la cui età minima di accesso è stata aumentata quest’anno da 63 anni a 63 anni e 5 mesi.