ROMA (WSI) – L’Italia, è cosa nota purtroppo, è fra i Paesi europei con il fisco più pesante: la pressione fiscale è superiore solo in Danimarca, Francia, Belgio e Finlandia. In Italia il prelievo è passato dal 39% del 2005 al 43,5%, mentre gli incassi per lo Stato dal 42,5% al 47,6%; tuttavia, come ricorda Unimpresa il beneficio per il debito pubblico è stato nullo. Nello stesso periodo, infatti, il debito pubblico è passato dal 101,9% al 132,7% del Pil. Il debito, inoltre, tende a salire anche considerandolo in termini assoluti, senza rapportarlo all’andamento del prodotto interno lordo.
Fra gli altri grandi Paesi le dinamiche sono state più contenute: in Germania la pressione fiscale è passata dal 38,4% al 39,6% del pil, il debito pubblico dal 66,9% al 71,2%; in Gran Bretagna, il fisco è passato dal 35,7% al 34,8% e debito dal 41,5% all’89,2%. Per quanto riguarda la media dell’Area euro, invece, il peso delle tasse è passato dal 39,4% al 41,% e il debito dal 62,1% all’83,3%.
Il rapporto del Centro Studi Unimpresa mette in evidenza che l’Italia batte la media europea in svariate categorie della tassazione: l’Iva al 22% supera la media Ue, al 21,4% (20,8% nell’Eurozona), l’imposta sui redditi delle persone fisiche (Irpef), con aliquota al 48,9% si relaziona col 39,3% della media europea, mentre i confronto sull’imposta sul reddito delle società (Ires) è 31,4% contro 22,8% di media europea.
“La pressione fiscale è il principale ostacolo alla crescita economica del nostro Paese”, commenta il vicepresidente di Unimpresa con delega al fisco e ai bilanci, Claudio Pucci, “un primo passo è stato attuato con le modifiche introdotte dal governo attualmente in carica che ha abolito l’Irap sul costo del lavoro. Tuttavia, continua a permanere l’incidenza di una imposta che non ha nessuna ragione di esistere, se non quella di fare cassa”.