Da buono postale da 5 milioni di lire, incassa 65 mila euro. Poste costrette a pagare
Una donna ha incassato 65mila euro perché ha deciso di riscuotere l’investimento di un buono postale fruttifero risalente al 1989, che consisteva in 5 milioni di vecchie lire. Questo grazie ad una sentenza del Tribunale di Torino che ha condannato Poste Italiane a pagare alla titolare, ben oltre i 28 mila che l’ente riteneva di dover pagare.
Buono postale, tutta la vicenda
La vicenda del buono postale si inserisce in un contenzioso che già da alcuni anni vede fronteggiarsi i risparmiatori e Poste Italiane relativamente ad alcune serie di buoni fruttiferi emessi dopo il 1986, anno in cui vennero emessi buoni fruttiferi da riscuotere a 30 anni di distanza. Quando cioè era già uscita la serie “Q”.
Come ricorda il Corriere della Sera, che ha riportato la notizia:
“I documenti avrebbero dovuto essere siglati con la lettera Q, che garantiva un tasso di rendimento inferiore rispetto a quelli precedenti contrassegnati dalla lettera P. In realtà, le Poste continuarono a usare quest’ultimi limitandosi a opporre un timbro sopra i vecchi rendimenti per specificare quanto avrebbero fruttato in futuro. E così i risparmiatori per 30 anni hanno fatto affidamento sui tassi della serie P (9-11-13 e 15 per cento) invece che su quelli della serie Q (8-9-10,5 e 12 per cento). Di contro, le Poste alla scadenza pagavano ricalcolando la cifra sulla base dei tassi inferiori”.
La sentenza del tribunale di Torino rappresenta una vittoria per i tremila risparmiatori che nel 2020 avevano fatto ricorso all’arbitro bancario per vedersi riconoscere gli importi più alti. Tuttavia Poste, a partire dalla primavera del 2020, aveva deciso di non corrispondere ugualmente le maggiori somme, ritenendo che ci fossero pronunce di diversi tribunali anche a suo vantaggio.
A questo proposito, Fabio Scarmozzino, avvocato che assiste molti consumatori costretti a promuovere azioni legali, ha detto a La Repubblica.
“É importante che tutti i risparmiatori in possesso di buoni delle serie O, P e Q-P, che ancora non hanno agito, o che siano già in possesso di una decisione favorevole dell’arbitro bancario, agiscano per la tutela dei loro diritti”.