ROMA (WSI) – Dall’elezione di Berlusconi al Movimento Cinque Stelle a quella di Donald Trump fino all’esito della Brexit e del referendum costituzionale italiano di dicembre, il minimo comune denominatore è uno solo: i sondaggi non ne hanno azzeccato una.
Così guardando a casa nostra nel 2013 con la rimonta di Berlusconi e l’ascesa del Movimento di Beppe Grillo alle politiche, la Brexit l’anno scorso e la vittoria di Donald Trump, l’outsider che oggi è presidente della nazione più importante al mondo, i sondaggi hanno fallito in pieno. Perché? Una risposta, come scrive un articolo de Il Giornale, la prova a dare un libro “Politics and Big data: Nowcasting and Forecasting Elections with Social Media”, un saggio di tre autori italiani – Luigi Curini, Andrea Ceron e Stefano Maria Iacus- pubblicato dalla casa editrice britannica Routledge, che spiega con rigore scientifico, perché i sondaggi non possono più essere l’unico pilastro su cui fondare le previsioni elettorali.
“Questo tipo di ricerche si basa su sistemi di pesatura del campione: numeri che non sono pubblici e che funzionavano in passato, quando le elezioni producevano risultati tutto sommato stabili e prevedibili“.
Oggi sulla scena politica sono apparsi nuovi personaggi, come il Movimento Cinque Stelle, Podemos e anche Donald Trump che hanno fatto saltare questo sistema di identificazione di un universo rappresentativo.
“Senza contare poi che i tassi di risposta sono sempre più bassi e che c è una fetta importate di popolazione infuriata contro l’establishment, che ritiene i sondaggi parte integrante di quell’establishment contro cui protesta e che quindi non ha nessuna intenzione di far parte del campione, falsando irrimediabilmente il risultato”.
A rivelare tutta la sua forza nelle ultime tornate elettorali è ancora una volta la rete, internet. L’esempio è quello delle elezioni presidenziali americane.
“Anche se larga parte dei modelli matematici basati sui sondaggi assegnava a Hillary Clinton più del 90% di possibilità di vincere le elezioni, il sentiment misurato in rete permetteva agli autori del saggio di identificare una partita molto più aperta, assegnando con certezza (e contro larga parte dei pronostici) l’Ohio e la Florida a Trump e segnalando come Michigan, Wisconsin e Pennsylvania sarebbero stati in bilico fino all’ultimo”.
Una lezione per l’Italia?
Ed è proprio qui, secondo i saggisti, che l’Italia fa il suo errore più grande, ossia considerare la rete come qualcosa di negativo a prescindere e di completamente scollegato dalla realtà. Ma in realtà in rete vi è un esercito silenzioso che riesce poi a far rumore ribaltando completamente i pronostici.
“La dicotomia con il mondo offline, invece, non esiste: l’informazione, i comportamenti, le regole passano rapidamente da una parte all’altra. Per fare analisi accurate non basta, quindi, concentrarsi su pochi opinion leader ma bisogna avere la pazienza di analizzare l’universo online nella sua completezza”.
Se ne farà tesoro alle prossime elezioni e in vista di quelle presidenziali francesi, dove il popolo sceglierà il nuovo leader tra un mese?